domenica 22 aprile 2012

i film 23 - Yankee (L'americano)

1966 YANKEE (L’AMERICANO) di Tinto Brass, con Philippe Leroy, Adolfo Celi, Mirella Martin, Tomas Torres, Vàctor Israel, Valentino Macchi



Il più pop e situazionista dei western italiani, diretto come fosse un fumetto da Tinto Brass – al suo primo e unico western – nel periodo in cui era in gran vena di sperimentazioni e rivoluzioni sul linguaggio, prima di perdersi dietro i suoi famosi culi.
Capito intelligentemente e in anticipo sui tempi che gli spaghetti leoniani altro non erano che esagerazioni fumettistiche dei classici americani, di cui esasperavano e ingigantivano personaggi e situazioni, Brass decise di percorrere questa strada fino in fondo, realizzando un film strutturato con inquadrature come fossero vignette disegnate, con primi piani ravvicinatissimi, particolari ingranditi a dismisura, personaggi stilizzati, bidimensionali e quasi caricaturali (a cominciare dai nomi: lo Yankee e Il grande Concho) e dialoghi fittissimi, implausibili e in forma di sentenza (pieni di esclamazioni alla Tex Willer tipo sangre y muerte!), il tutto mescolato da un montaggio serratissimo e d’avanguardia.



Una pellicola professionalmente e tecnicamente ineccepibile, grazie alla regia raffinata e di gran classe di Brass, che si sbizzarrisce in angolazioni di ripresa assurde e inusuali, alle scenografie ispirate alla pittura surrealista, alla bella fotografia di Alfio Contini e alla musica con fischio di Nini Rosso.
Peccato che l’opera sia stata manomessa dal produttore, che spaventato dal risultato troppo bizzarro tolse il film al regista in sala di montaggio – e per un cinema fatto di puro stile e linguaggio come quello di Brass il montaggio è forse la cosa più importante, infatti il regista veneziano se ne è occupato personalmente in tutti i suoi film – rendendolo molto più classico e aggiungendo diversi campi totali, che non dovevano esserci nelle intenzioni del regista (che cercò senza riuscirci di togliere il suo nome dal film finito, e lo ha sempre disconosciuto). La cosa in effetti si nota perché a fronte di sequenze suggestive e innovative ce ne sono altre più convenzionali in cui il film scende di tono.



Il risultato, ad ogni modo, è un film curiosissimo, un connubio – non sempre completamente riuscito – tra il western leoniano e il film d’autore, con improvvisi guizzi di crudeltà sadica e scene di sottinteso e ambiguo erotismo, che già prefigurano il Brass che verrà.
Da vedere assolutamente, se non altro per capire la genialità e la libertà creativa del cinema italiano del tempo.

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