2016 The Duel o By Way of Helena
di Kieran Darcy-Smith con Liam
Hemsworth, Emory Cohen, Woody Harrelson, Alice Braga, William Sadler,
Christopher Berry, Raphael Sbarge, José Zúñiga
C'è un Cuore di Tenebra nel Texas ai
confini col Messico. Dal Rio Grande affiorano cadaveri di peones
messicani che qualcuno ha ucciso e scalpato. I giustificati sospetti
cadono sulla piccola e blindata comunità religiosa fondata dal
luciferino Abraham (Harrelson). Quando sparisce anche la nipote di un
generale messicano viene mandato ad indagare sotto copertura il
giovane ranger David Kingston (Hemsworth), che ha la pessima idea di
portarsi dietro la bella moglie messicana (Braga).
Ambientato in un West superstizioso e
pentecostale, The Duel o By Way of Helena è un film narrativamente
sfilacciato, ma interessante e affascinante, che ha il suo punto di
forza in un'atmosfera da horror - thriller esoterico degli anni 70,
pur per fortuna restando a tutti gli effetti un western e mantenendo
gli eventi sempre su un piano realistico, anche se spesso ambiguo.
Un dtv con alcuni limiti di budget e visivi del mercato direct-to-video, ma con dentro più cinema di tanti film che arrivano in sala.
Un dtv con alcuni limiti di budget e visivi del mercato direct-to-video, ma con dentro più cinema di tanti film che arrivano in sala.
I due titoli con cui circola il film si
riferiscono alla medesima cosa. Il duello alla maniera di Helena
(intesa come città) è la cruenta usanza di legare insieme due
duellanti che si devono uccidere a vicenda con un coltello a lama
corta. Così all'inizio del film il protagonista ancora bambino vede
morire il padre, proprio per mano dell'uomo su cui da adulto dovrà
indagare.
A dispetto di quel che suggeriscono gli strilli di locandina, il protagonista non è però mosso
dallo scontato desiderio di vendicare il padre, ma piuttosto sembra
voler conoscere meglio l'uomo che lo ha ucciso, andando forse anche
in cerca di una figura paterna. Altri personaggi del film, a
cominciare da quello della moglie, sono più o meno consciamente in
cerca di qualcosa, ma la comunità guidata dal diabolico personaggio
di Harrelson si rivelerà per tutti il contesto peggiore in cui
risolvere un qualsiasi dubbio esistenziale o soddisfare un qualche
inconfessabile desiderio.
Se per le atmosfere profondamente
nordiche di Blackway si è sottolineato il fatto che il regista
fosse svedese, qui si può notare come il regista Kieran Darcy-Smith
sia australiano. Origine geografica a cui non si può fare a meno di
ricollegare il senso di disagio e inquietudine che il film riesce a
trasmettere, mettendo in scena un West dove il Diavolo e il Male
sembrano essere di casa, standoci pure belli comodi. In qualche modo
"australiana" pare anche la scelta di filmare una storia
piuttosto cupa con una fotografia spoglia e luminosa, che dona al
tutto una solarità malata.
La storia da una parte nutre ambizioni quasi da gotico americano, mettendo in scena personaggi dai nomi biblici, con relazioni e dialoghi di conseguenza, dall'altra accumulando idee e situazioni un po' da western spaghetti squinternato (come ad esempio la soluzione del mistero sulle morti dei messicani).
La regia di Darcy-Smith, pur tentata qui e là da
qualche lirismo malickiano (come nel bel duello iniziale,
esageratamente commentato con della musica sacra), è solida e con i
piedi per terra come si conviene ad un film di genere. Usa la lentezza e un certo sguardo
anti-hollywoodiano per creare un clima di incertezza e soprattutto di grande
tensione, che esplode in efficaci momenti di violenza. Su
tutti, l'inaspettata e originale modalità con cui si svolge la cruenta resa dei conti
finale.
Harrelson, ottimo come quasi sempre,
costruisce un personaggio che è una specie di ragno umano, allo
stesso tempo repulsivo e magnetico. Gran parte della riuscita del
film è giocata sulla capacità ammaliatrici del suo personaggio (e quindi dell'attore), la
cui capacità di sedurre e condizionare gli altri potrebbe dipendere
tanto da un qualche reale potere esoterico, quanto dalla capacità
psicologica di scrutare nell'animo altrui. La pelata e l'eloquio
richiamano nientemeno che il Marlon Brando di "Apocalypse Now!",
mentre il lato più sadico e spiritato del personaggio sarebbe
piaciuto a un Klaus Kinski.
Contro di lui il fisicamente imponente,
ma fondamentalmente ingenuo, personaggio di Liam Hemsworth (fratello
del più celebre Chris), praticamente l'unico bianco che si vede nel
film che non sia un sadico o un fanatico imbevuto di razzismo e
religiosità apocalittica. Con la barba lunga sembra una specie di Jim
Morrison nel West.
A chiudere il triangolo attoriale e narrativo c'è Alice Braga,
intensa e bellissima come sempre, alle prese con il personaggio più
tormentato, ma alla fine forse anche quello non del tutto risolto.
A margine da notare come il film di Darcy-Smith unisca due tematiche molto sentite nel cinema americano di questi anni: quella dello scottante e mai risolto rapporto tra gli americani e gli scomodi vicini messicani, e quella delle sette religiose o comunque di una religiosità vissuta in maniera chiusa e fanatica. Tematica quest'ultima molto presente nel recente cinema horror di questi anni, ma affiorata qui e là anche in alcuni western recenti come Sweetwater, The Mountie, Meek's Cutoff e l'austriaco The Dark Valley.
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