mercoledì 29 maggio 2013

El juez de la soga / The hanging judge



1973 EL JUEZ DE LA SOGA / THE HANGING JUDGE
di Alberto Mariscal, con Hugo Stiglitz, Milton Rodriguez, Narciso Busquets, Cristina Moreno, Bruno Rey, Rafael Baledon, Norma Lazareno

Proseguiamo la nostra rassegna sul western messicano, o chili-western, con quest’altra pellicola del prolifico Alberto Mariscal, uno dei registi più rappresentativi del filone (tra gli altri specialisti ricordiamo René Cardona e Raul De Anda Jr), almeno per quanto riguarda gli anni sessanta e settanta, quando da genere sentimentale e melodrammatico si trasformò in qualcosa di surreale, nero e violento, ispirato parte agli spaghetti western nostrani, per le figure archetipiche di giustizieri taciturni e nerovestiti, e parte a Sam Peckinpah, per l’estetica sanguinaria e soluzioni di regia come i ralenti e il montaggio non lineare.

Il film a cui si ispira più direttamente questo El juez de la soga (letteralmente "il giudice della corda") è però L’uomo dai sette capestri di John Huston, dell’anno precedente, uscito nei paesi ispanici con il titolo El juez de la horca (cioè "il giudice della forca"), che narrava in chiave brillante e romanzata le gesta del giudice Roy Bean, passato (sembra erroneamente) alla storia come “la legge a ovest del Pecos” per le sue esecuzioni spicce e sommarie.
La versione di Mariscal è però decisamente più cupa e malata di quella di Huston, e il protagonista della pellicola non è giudice ma un pistolero solitario con un look da becchino autoproclamatosi giustiziere che punisce le malefatte compiute nel Far West impiccando senza processo i responsabili.



Il West di Mariscal è, al solito, una frontiera apocalittica e ultraviolenta e la scena con cui si apre il film ne è esemplificativa: tre fuorilegge assaltano una fattoria isolata, uccidono l'anziano capofamiglia, violentano la figlia e crivellano a colpi di pistola un bambino di cinque anni. Un pugno allo stomaco dello spettatore che chiarisce fin dall’inizio il tono del film.
A questo punto, consci di averla combinata grossa, i tre assassini si separano e se ne vanno ognuno in una direzione diversa: uno va a far festa in un bordello, l'altro diventa non si sa come sceriffo e l'ultimo diviene padrone di un grosso ranch dopo averne ammazzato il legittimo proprietario. Inutile dire che uno dopo l’altro i tre verranno però raggiunti e giustiziati senza pietà dall’implacabile “giudice della corda”.
Come si vede il soggetto del film è del tutto minimale. Quello che interessa al regista sono soprattutto le modalità di esecuzione delle condanne: particolarmente fantasiosa la seconda, con il malcapitato sepolto vivo fino alla testa e lasciato alla mercé di scorpioni velenosi.
Come negli altri western di Mariscal non manca nemmeno il sottotesto matriarcale, tramite dei continui flashback in cui il protagonista viene perseguitato della madre, che lo ammonisce sulle terribili conseguenze del farsi giustizia da sé.



Mariscal dimostra comunque anche in questa pellicola, forse meno eccessiva e delirante di altre, di possedere un suo quid personale e l’ultima immagine del film, che ovviamente non riveliamo, mette in discussione tutto quanto visto in precedenza ed eleva dalla banalità un soggetto forse eccessivamente esile.

Tra le cose migliori del film va annoverata senza dubbio la magnifica interpretazione del grande attore messicano Hugo Stiglitz, che ha lavorato anche negli Stati Uniti (ad esempio in Sotto il vulcano) e in Italia (soprattutto in film di genere come Tintorera e Incubo sulla città contaminata): se il suo nome vi ricorda qualcosa è perché Quentin Tarantino ha chiamato così uno dei personaggi del suo film Bastardi senza gloria in omaggio all’attore messicano.

4 commenti:

  1. Mai sentito nominre naturalmente.

    Un vero mondo a parte quello dei western messicani. Vastissimo tra l'altro, visto che in Messico non si è mai smesso di produrre professionalmente film western, ne escono almeno tre o quattro all'anno anche di questi tempi. E dai trailer che ho visto il livello se non altissimo non sembrerebbe quello semi-amatoriale e sullo squallido andante che da anni affligge le produzioni a basso budget degli USA.

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  2. Caspita che bel blog! Sono arrivato quaggiù dopo una segnalazione e ci ho passato le ore: complimentoni!!!

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  3. Grazie mille, Sartoris. Mi è facile ricambiare i complimenti dato che seguo il tuo blog da tempo.

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    1. ma ddai? E non ti sei fatto vivo prima? Chissà quante volte ti sarai sganasciato dinanzi alla mia imprecisione sui western (sono infatti sbalordito dalla tua perizia). Vabe', a parte le sviolinate ti metto subito tra i link amici e... grazie di tutto, continua così.

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