mercoledì 25 febbraio 2015

The Retrieval



2014 THE RETRIEVAL
di Chris Eska con Ashton Sanders, Tishuan Scott, Keston John Bill Oberst Jr., Christine Horn, Alfonso Freeman, Raven Nicole, Jonathan Brooks

Ormai si può certificare una piccola ma significativa tendenza in alcuni dei western prodotti in questo decennio ormai per metà già consumato. Una serie di film, spesso a basso costo, che mettono in scena situazioni ridotte all'osso con toni prosciugati e minimalisti e narrano storie di viaggio con ritmi lenti e anti-commerciali, spesso con un rifiuto o un disinteresse per l'iconografia classica del genere.

Ne è un buon esempio questo piccolo, ma interessante film indipendente dell'anno scorso.
Si racconta di due ex schiavi neri, un ragazzo e un adulto, che durante la guerra civile collaborano con una banda di cacciatori di disertori e schiavi fuggitivi, che i due  scovano e  tradiscono. Un giorno vengono incaricati dal mefistofelico capo della banda di andare tra le linee nordiste e attirare in trappola con una scusa un prezioso schiavo ricercato. Riusciranno nell'intento, ma durante il viaggio il ragazzo comincerà a vedere nell'uomo una figura paterna e il simbolo di  una dignità sconosciuta a lui e il compagno, a conti fatti comunque sempre "schiavi" di un bianco.



Per grande parte del film vediamo solo i protagonisti che camminano in mezzo splendidi paesaggi fatti di campi e boschi. Bellezza bucolica interrotta dai segni e dagli improvvisi squarci della violenza bellica (in una scena si addormentano e si risvegliano in mezzo ad una battaglia). Non è però un film poetizzante o vuotamente contemplativo. Il tono è asciutto, la bellezza delle immagini è priva di pomposità. Il ragazzo e il fuggitivo affrontano pericoli, fanno incontri, dialogano, raccontano, si conoscono in modo diretto ed efficace, non in modo molto diverso dai classici degli anni 50. I due protagonisti di questo film non sono "negri che vanno a cavallo" come il Django di Tarantino, sono realistici ex schiavi che se ne vanno in giro a piedi con vesti consunti, senza cinturoni e cappelli. Eppure, anche grazie alla rinuncia a molti cliché attoriali di molto cinema di colore, la loro caratterizzazione riesce a sfuggire alla trappola del realismo spoetizzante e a farli diventare personaggi fascinosi e allusivi, romanzeschi e "western".
La forza del film è in particolare il personaggio del ricercato, che pur nella sua umanità e fallibilità, diventa anche visivamente il simbolo di un'affascinante nobiltà "black". Merito anche della bella prova Tishuan Scott, faccia virile e aria seria da attore d'altri tempi.



I limiti del film sono una certa tendenza al didascalismo che rende la storia un po' prevedibile e l'esasperato protrarsi dei dubbi del ragazzo sul portare o meno a compimento il tradimento. Indecisione che alla lunga rischia di sembrare incoerente con quanto vediamo raccontato e che lo fa diventare un personaggio monocorde. Ma sono difetti che pesano poco nel conto finale, alla fine vince l'umanità dei personaggi, la bellezza poetica di molte sequenze, la solidità delle sequenze violente.

Nota a margine: possiamo star sicuri che questo film non arriverà mai in Italia, come del resto almeno altri due ottimi titoli usciti nel 2014 ("The Salvation" e "The Dark Valley" - qualche speranza in più per il capolavoro di Tommy Lee Jones "The Homesman", ma non stupirebbe più di tanto veder delusa anche questa attesa). In compenso abbiamo potuto godere della distribuzione di "Un milione di modi per morire nel West".