martedì 17 dicembre 2013

Red Hill


2010 RED HILL
di Patrick Hughes, con Ryan Kwanten, Steve Bisley, Tommy Lewis, Claire van der Boom, Christopher Davis, Kevin Harrington, Richard Sutherland, Ken Radley, John Brumpton

Abbiamo già avuto modo di sottolineare come con il nuovo millennio il western si sia spogliato delle sue classiche connotazioni di tempo (la seconda metà del 1800) e di luogo (la frontiera americana) per diventare un genere trasversale e postmoderno, che viene sempre più spesso utilizzato come mezzo stilistico e tematico per raccontare storie ambientate negli scenari e nei tempi più diversi. Non ci stupisce, né tantomeno ci scandalizza (anche se esistono senza dubbio dei “puristi” a cui operazioni di questo genere appariranno sacrileghe), quindi, questo western-thriller in abiti moderni ambientato in Australia.

L'aussie western, cui accennavano a proposito di Wake in Fright, non è comunque certo una novità assoluta, ma un genere che ha avuto un suo preciso spazio all’interno dell’ozploitation, il cinema di genere australiano in voga dai primi anni settanta fino alla metà degli ottanta, con film di bassa cassetta come Mad Dog Morgan e La taverna dei dannati, ma che ultimamente ha goduto anche della ribalta internazionale con produzioni di tutto rispetto come The Proposition e The Tracker.



Nonostante lo slittamento temporale e geografico in questo Red Hill la tradizionale iconografia del genere c’è tutta e viene rispettata in pieno: sceriffi corrotti, indiani (pardon, aborigeni) assetati di sangue, anziani e rudi cowboys, desolate cittadine di frontiera, grandi spazi aperti (quelli magnifici dell’outback australiano), che nelle mani dell’esordiente di bellissime speranze Patrick Hughes – regista, sceneggiatore, produttore e anche montatore, che pur di realizzare il film si è ipotecato la casa – diventano un sentito e convincente tributo alla linearità del western classico, ma anche alla violenza di quello italiano.

Lo spettatore non si aspetti però strizzatine d’occhio o giochini cinefili alla Quentin Tarantino. Hughes fa sul serio, fin dalla struttura narrativa che riprende archetipi classici come il nuovo sceriffo che arriva in città, l’assedio della tranquilla comunità da parte delle forze del male e il conflitto bianchi-nativi, a cui si aggiungono una terribile storia di vendetta e l’eroismo di un moderno cavaliere della valle solitaria, che non a caso di nome fa Shane.



La trama è di quelle semplici e lineari, come il canone comanda: un aborigeno evade da un carcere di massima sicurezza e torna nella tranquilla cittadina di Red Hill per vendicarsi di coloro che lo hanno mandato in galera. Sarà un bagno di sangue, che durerà una lunghissima notte in cui i rappresentati della legge cadranno come mosche e in cui il cattivo assumerà valenze metafisiche come il Michael Myers di John Carpenter.

Il ritmo e la tensione sono notevoli e non vengono mai meno durante tutto il film, la giovane star di True Blood Ryan Kwanten è assai efficace nel ruolo del protagonista, e quella di Hughes è una regia precisa, lineare e di grande potenza, che costruisce un riuscitissimo climax ansiogeno per scioglierlo solo nel finale con una conclusione da applausi a scena aperta.
Questo piccolo film proveniente dall’Australia è un’autentica sorpresa.



Dopo questo sfolgorante esordio, che non poteva certo passare inosservato presso le case di produzione americane, Hughes non ha resistito alle sirene hollywoodiane e accantonato (speriamo solo per il momento) il progettato secondo capitolo di quella che avrebbe dovuto essere una trilogia western moderna (composta da Red Hill, Black Valley e White Mountain) ha accettato la proposta di Sylvester Stallone di dirigere il terzo capitolo del suo franchise The Expendables, attualmente in fase di post-produzione e in uscita nel 2014. Conoscendo la poca libertà di manovra concessa da Stallone ai registi dei film di cui è interprete e produttore la notizia non è di quelle che ci entusiasmino, e non vorremmo trovarci a piangere l’ennesima promessa fagocitata dall’industria cinematografica a stelle e strisce.

venerdì 13 dicembre 2013

prossimamente - Sweetwater



Accolto con insolito favore sia al Sundance Film Festival che al recente Torino Film Festival Sweetwater (uscito in Inghilterra come Sweet Vengeance) è un western prodotto e interpretato da Ed Harris, che com'è noto è un grande appassionato del genere, e scritto e diretto (assieme al fratello gemello Noah) da Logan Miller, al suo secondo film dopo Touching Home (sempre con Harris). Il film mette al centro della scena un'ex-prostituta interpretata da January Jones (nota per la serie televisiva Mad Men), mentre il resto del cast comprende Eduardo Noriega, Jason Isaacs e Jason Aldean.



New Mexico. Sarah e Miguel possiedono della terra e sono pronti a lavorare sodo per coltivarla. È la fine del diciannovesimo secolo, epoca di villaggi di cowboy, di carovane e predicatori: e proprio uno di questi, il potente ministro della chiesa Josiah, decide di ostacolare i piani di Sarah e Miguel, e uccide quest’ultimo. La legge non scritta del villaggio costringe Sarah a subire le molestie di Josiah e ad arrendersi alla perdita del compagno: ma un giorno dalla città arriva un nuovo sceriffo intenzionato a fare giustizia, e Sarah trova finalmente il coraggio reagire.



«Crediamo che qualsiasi cosa considerata sacra nell’arte sia pericolosa. Quando qualcosa è sacralizzato, è privato della possibilità di evolvere e diventa inutile sia per l’arte stessa che per l’umanità. […] Volevamo perciò andare oltre molte convenzioni del western, creare una tragedia senza vincitori, senza personaggi monolitici; un mondo dove tutti sono presi in mezzo a un racconto oscuro, contorto, osceno: una triangolo di sangue che prende fuoco fra le colline del New Mexico». (Logan e Noah Miller)

Onestamente dalla sinossi e dal trailer non ci sembra nulla di particolarmente originale, ma anzi il classico revenge-western declinato al femminile (cosa che ormai non costituisce più una novità) e piuttosto violento, ma siamo lo stessi ansiosi di vederlo.