I western stramboidi usciti negli ultimi anni. Parecchi titoli come si può notare. Anche se da quel che si è potuto vedere e da quel che si può capire la qualità media è tutt’altro che entusiasmante. È evidente che in un blog come questo c'è tutta la simpatia possibile per i film poveri di mezzi e ricchi d’inventiva, ma la deriva amatoriale e dilettantesca verificatasi nel cinema a basso costo degli ultimi anni è abbastanza sconcertante. D’altra parte le poche grosse produzioni, come "Jonah Hex" e "Cowboys & Aliens", nonostante le camionate di dollari spesi, non si può dire abbiano ottenuto risultati molto più brillanti.
Il Weird Western, parte 3
2006 After Sundown
di Michael W. Brown con Susana Gibb, Reece Rios, Natalie Jones, Christopher Abram
Pellicola poverissima, ai limiti dell’amatoriale, come sempre più spesso capita per i film nati direttamente per il mercato video. Prodotti spesso girati da volenterosi dilettanti e in seguito acquistati da qualche casa di produzione in vena di risparmiare. Questo è un tipico film di zombi ambientato nel west moderno (a parte un flashback in bianco e nero ambientato un secolo prima). A dare il via al solito contagio è però una vampira trovata in un cimitero dai soliti incauti e c’è di mezzo pure un vampirone cowboy suo amante. Probabilmente, oltre che come film di zombi, sono più godibili anche come western gli ultimi film di Romero, soprattutto “Survival of the dead”, che è un vero e proprio western travestito.
2006 The Quick and the Undead
di Gerald Nott con Clint Glenn, Toar Campbell, Dion Day, Nicola Giacobbe
Un altro zombie-movie in salsa western. Ai limiti dell’amatoriale pure questo, anche se, rispetto al precedente, girato con relativa maggior professionalità e una virgola più di mezzi. Stavolta l’ambientazione sarebbe quella di un selvaggio west situato in un ipotetico futuro, con la terra dominata dagli zombi, le moto al posto dei cavalli e il protagonista che è una specie di bounty killer uscito da uno spaghetti western, ovviamente specializzato nel far fuori cadaveri deambulanti. Potabile filmetto, che ha il merito di non prendersi troppo sul serio, ma anche quello di non sbracare nel trash più fastidioso. L’idea di fondo anticipa il decisamente più divertente e riuscito “Benvenuti a Zombieland” con Woody Harrelson, del 2009: a volte, forse più spesso di quanto si voglia ammettere, che un film sia un ricco prodotto hollywoodiano non è un demerito.
2007 Shiloh Falls
di Adrian Fulle con John Bader, Steve Bannos
Se per i film precedenti c’era il dubbio, per questo si può tranquillamente parlare di una pellicola realizzata con un budget amatoriale, sempre a favore del mercato dei dvd in affitto. Nel 1892, dei fuorilegge in fuga, inseguiti da uno sceriffo e il suo vice (padre e figlio), capitano in una strana città semi-abbandonata, abitata da cittadini zombie e governata da un’entità soprannaturale che si nutre di anime. Da quel che si legge in giro, lo spunto è simile a quello del già soporifero "Purgatory" e anche qui pare si chiacchieri troppo, inoltre la trasandatezza dilettantesca della messa in scena dovrebbe essere oltre i limiti del sopportabile. Dal trailer che si trova in rete non sembrerebbe così terribile, ma non sembra comunque molto interessante in generale, anche al di là dei limiti produttivi.
2007 Sugar Creek
di James Cotten con Dustin Alford, Jeff Bailey, Jackson Burns, James Cotten
Ennesima pellicola dalla messa in scena sempre pericolosamente al limite dell'amatoriale. Stavolta però niente zombi e vampiri, va di scena invece un racconto oscuro e pentecostale dagli echi addirittura biblici, tra il simbolismo dei racconti Hawthorne e la fiaba crudele alla “Sleepy Hollow” di Washington Irving. Siamo nel periodo della Guerra di Secessione (molto gettonato nel filone) e il protagonista, Adam, viene misteriosamente trascinato in giro in una bara non si da chi. Dopo essere stato liberato dal suo stesso aguzzino scopre di essere minacciato da un’inquietante figura, quella di un misterioso cavaliere mascherato armato di ascia, che lo caccerà per tre giorni e ucciderà chiunque lo aiuterà. Oltre a fuggire Adam dovrà fare i conti con la sua coscienza, scoprendo di dover espirare qualcosa riguardante quello che ha fatto, o non ha fatto, nel suo passato. Chissà… sulla carta sembrerebbe parecchio interessante e dal trailer non sembrerebbe fatto neanche male, nonostante gli evidentissimi limiti di budget. Sicuramente qualcosa di diverso.
2007 Left for Dead
di Albert Pyun con María Alche, Soledad Arocena and Andres Bagg
Alla ricerca di suo marito, la pistolera Clementine (sic) incontra un gruppo di prostitute assassine, che hanno addirittura sterminato tutto un paese, compreso un predicatore e sua moglie incinta. Insieme entrano in una città deserta dove ad attenderle c'è lo spettro del predicatore in cerca di vendetta. Dopo una serie di film amatoriali, o quasi, un film girato da un regista professionista. Solo che Albert Pyun è considerato da molti uno dei peggiori registi esistenti. In effetti quando uno gira quasi cinquanta film e l'unico vagamente noto è una comunque poco ricordata pellicola con Jean-Claude Van Damme ("Cyborg"), non lo si può definire un gran talento. Questo film è stato presentato come un "horror spaghetti", un incrocio tra i western di Corbucci e "Saw", girato in notevoli location argentine con attori locali, con lo stile cool di film come "Man on Fire" di Tony Scott (montaggio sincopato, colori desaturati, filtri, sfocature, fermi immagini, rallenty) e più che una storia mette in scena un lungo gioco al massacro per spettatori dallo stomaco forte. Mah, più probabile che sia una porcata sadica e misogina, roba per mistici del trash, che non un western gotico dal fascino malato, ma non si può mai dire.
di Albert Pyun con María Alche, Soledad Arocena and Andres Bagg
Alla ricerca di suo marito, la pistolera Clementine (sic) incontra un gruppo di prostitute assassine, che hanno addirittura sterminato tutto un paese, compreso un predicatore e sua moglie incinta. Insieme entrano in una città deserta dove ad attenderle c'è lo spettro del predicatore in cerca di vendetta. Dopo una serie di film amatoriali, o quasi, un film girato da un regista professionista. Solo che Albert Pyun è considerato da molti uno dei peggiori registi esistenti. In effetti quando uno gira quasi cinquanta film e l'unico vagamente noto è una comunque poco ricordata pellicola con Jean-Claude Van Damme ("Cyborg"), non lo si può definire un gran talento. Questo film è stato presentato come un "horror spaghetti", un incrocio tra i western di Corbucci e "Saw", girato in notevoli location argentine con attori locali, con lo stile cool di film come "Man on Fire" di Tony Scott (montaggio sincopato, colori desaturati, filtri, sfocature, fermi immagini, rallenty) e più che una storia mette in scena un lungo gioco al massacro per spettatori dallo stomaco forte. Mah, più probabile che sia una porcata sadica e misogina, roba per mistici del trash, che non un western gotico dal fascino malato, ma non si può mai dire.
2007 Undead or Alive - Mezzi vivi, mezzi morti (Undead or Alive)
di Glasgow Philips con Chris Kattan, James Denton, Navi Rawat, Matt Besser
Ancora zombi nel vecchio west, in un film il cui tono è facilmente immaginabile dal demenziale sottotitolo italiano. E ancora una produzione a basso budget, cosa che si nota dalla povertà delle scenografie, ma stavolta per fortuna ci troviamo di fronte ad prodotto normale e professionale, infatti giunto anche dalle nostri parti. Un cowboy vagabondo, un disertore e una sexy indianina sul sentiero di guerra (la notevole Navi Rawat) devono far fronte comune ad una maledizione zombesca lanciata contro l’uomo bianco nientemeno che da Geronimo. Esordio alla regia di uno sceneggiatore di South Park, che combina western e horror sulla scia demenziale (e deleteria) de "L'alba dei morti dementi" e il trash consapevole e rivisitato dell’accoppiata Tarantino e Rodriguez. Il risultato della miscela è un film superficiale ma divertente, popolato da simpatiche macchiette. L’ironia e le gag sono di grana grossa, ma è per fortuna evitata la volgarità fine a se stessa di tanti prodotti analoghi. Un sano vecchio b-movie.
2007 BloodRayne II: Deliverance
di Uwe Boll con Natassia Malthe, Zack Ward, Chris Coppola, Michael Eklund, Michael Parè
Col cappottone nero di pelle, delle armi da taglio tamarre, l'ombelico in vista e la tipica inespressività da fotomodella dell’attrice che la interpreta, una bonissima dampyr capita nel vecchio West in cerca di vampiri e si imbatte niente poco di meno che in un Billy the Kid vampiro (e pedofilo), a capo di una banda di vampiri che terrorizza il villaggio di Deliverance. Per sconfiggerlo costituirà un suo mucchio selvaggio, comprendente l’immancabile Pat Garrett (un irriconoscibile Michael Paré), un prete cialtrone e un buzzurro. Potrà sembrare incredibile, ma il film è molto meno peggio di quel che si può immaginare. Il primo BloodRayne è un horror transilvanico traboccante cattivo gusto e tratto da un videogame. Questo non c’entra praticamente niente, ha un'attrice protagonista completamente diversa e a conti fatti è proprio un western. Con la sua sobria povertà da filmaccio d'altri tempi sembra roba girata quarantacinque anni fa, magari in Italia. La parte action e vampiresca viene quasi trascurata (anche per ragioni di budget) ed è messo in scena un West innevato, grigio e notturno di una certa efficacia. Certo non si corre il rischio di confonderlo con "Pat Garrett e Billy The Kid", ma non è neppure "Billy the Kid vs. Dracula".
Col cappottone nero di pelle, delle armi da taglio tamarre, l'ombelico in vista e la tipica inespressività da fotomodella dell’attrice che la interpreta, una bonissima dampyr capita nel vecchio West in cerca di vampiri e si imbatte niente poco di meno che in un Billy the Kid vampiro (e pedofilo), a capo di una banda di vampiri che terrorizza il villaggio di Deliverance. Per sconfiggerlo costituirà un suo mucchio selvaggio, comprendente l’immancabile Pat Garrett (un irriconoscibile Michael Paré), un prete cialtrone e un buzzurro. Potrà sembrare incredibile, ma il film è molto meno peggio di quel che si può immaginare. Il primo BloodRayne è un horror transilvanico traboccante cattivo gusto e tratto da un videogame. Questo non c’entra praticamente niente, ha un'attrice protagonista completamente diversa e a conti fatti è proprio un western. Con la sua sobria povertà da filmaccio d'altri tempi sembra roba girata quarantacinque anni fa, magari in Italia. La parte action e vampiresca viene quasi trascurata (anche per ragioni di budget) ed è messo in scena un West innevato, grigio e notturno di una certa efficacia. Certo non si corre il rischio di confonderlo con "Pat Garrett e Billy The Kid", ma non è neppure "Billy the Kid vs. Dracula".
2007 Inferno Bianco
di Emiliano Ferrera e Stefano Jacurti con Emiliano Ferrera, Alessandro Grande, Eleonora De Bono, Stefano Jacurti
"Western-horror realizzato con pochissimi mezzi ed enorme passione. Va da sé che si tratta di un film amatoriale, senza attori professionisti e senza pretese commerciali (è costato la bellezza di 6.000 euro!), quindi qualsiasi giudizio critico sarebbe ovviamente fuori luogo. Mi limito a dire che la cosa che mi è sembrata più notevole è la bella fotografia in bianco e nero di Cosimo Fiore (che figura anche attore, come tutta l’altra dozzina di persone coinvolte nella realizzazione della pellicola), che riprende benissimo l’ambiente invernale e gli scenari innevati del Gran Sasso d’Italia, che a loro volta trasmettono efficacemente l’idea dell’Oregon della fine dell’ottocento, periodo nel quale il film è ambientato, con un processo non dissimile da quello effettuato da Sergio Corbucci con le Dolomiti ne Il grande silenzio. I riferimenti storici del resto sono curati e precisi, e anche i costumi e le armi sono autentici e d’epoca, anche perché appartengono alla collezione privata dello stesso Jacurti, grande appassionato del genere. Molto interessante anche la sceneggiatura dello stesso Stefano, che mescola il western, realistico e spogliato da ogni connotazione romantica, con l’horror delle leggende indiane e del windigo, con delle atmosfere che ricordano un po' "L’insaziabile"di Antonia Bird. La storia è quella di un eterogeneo gruppo di scout e pistoleri sperduto nelle montagne, guidato da un archeologo alla ricerca di una misteriosa valle piena di fossili, ma dove c’è anche “qualcosa” di pauroso che lo attende. Lo script di Jacurti non lesina sui colpi di scena, che diventano forse addirittura troppi nel convulso finale. Anche certi dialoghi appaiono un po’ forzati e innaturali, quasi volutamente sopra le righe. La cosa che mi ha convinto di meno, invece, è senza dubbio il doppiaggio, o meglio la mancanza dello stesso (credo che il film sia stato girato in presa diretta): le voci di molti degli interpreti sono infatti abbastanza inadeguate e contribuiscono a non togliere, durante la visione, la sensazione del piccolo film indipendente a low budget. La recitazione degli attori, tra cui gli stessi registi Stefano Jacurti e Emiliano Ferrera - quest’ultimo un sosia praticamente perfetto di Clint Eastwood - del resto è molto teatrale (cosa inevitabile visto che quasi tutti gli interpreti provengono appunto dall’ambiente del teatro) e ovviamente un po’ improvvisata, ma un doppiaggio professionale avrebbe senza dubbio contribuito a migliorarla e a dare al film una resa più “cinematografica”, anche perché le facce invece sono quelle giuste. Quasi interamente girato in esterni, nei fine settimana e nei ritagli di tempo e in condizioni proibitive a dieci gradi sotto zero, il film dura quasi un’ora e mezza e in pratica è il primo lungometraggio western realizzato in Italia da parecchi anni a questa parte. Sarebbe da applaudire a scena aperta e a prescindere solo per il grande lavoro e l’enorme passione che lo sottintende." (Mauro Mihich)
di Emiliano Ferrera e Stefano Jacurti con Emiliano Ferrera, Alessandro Grande, Eleonora De Bono, Stefano Jacurti
"Western-horror realizzato con pochissimi mezzi ed enorme passione. Va da sé che si tratta di un film amatoriale, senza attori professionisti e senza pretese commerciali (è costato la bellezza di 6.000 euro!), quindi qualsiasi giudizio critico sarebbe ovviamente fuori luogo. Mi limito a dire che la cosa che mi è sembrata più notevole è la bella fotografia in bianco e nero di Cosimo Fiore (che figura anche attore, come tutta l’altra dozzina di persone coinvolte nella realizzazione della pellicola), che riprende benissimo l’ambiente invernale e gli scenari innevati del Gran Sasso d’Italia, che a loro volta trasmettono efficacemente l’idea dell’Oregon della fine dell’ottocento, periodo nel quale il film è ambientato, con un processo non dissimile da quello effettuato da Sergio Corbucci con le Dolomiti ne Il grande silenzio. I riferimenti storici del resto sono curati e precisi, e anche i costumi e le armi sono autentici e d’epoca, anche perché appartengono alla collezione privata dello stesso Jacurti, grande appassionato del genere. Molto interessante anche la sceneggiatura dello stesso Stefano, che mescola il western, realistico e spogliato da ogni connotazione romantica, con l’horror delle leggende indiane e del windigo, con delle atmosfere che ricordano un po' "L’insaziabile"di Antonia Bird. La storia è quella di un eterogeneo gruppo di scout e pistoleri sperduto nelle montagne, guidato da un archeologo alla ricerca di una misteriosa valle piena di fossili, ma dove c’è anche “qualcosa” di pauroso che lo attende. Lo script di Jacurti non lesina sui colpi di scena, che diventano forse addirittura troppi nel convulso finale. Anche certi dialoghi appaiono un po’ forzati e innaturali, quasi volutamente sopra le righe. La cosa che mi ha convinto di meno, invece, è senza dubbio il doppiaggio, o meglio la mancanza dello stesso (credo che il film sia stato girato in presa diretta): le voci di molti degli interpreti sono infatti abbastanza inadeguate e contribuiscono a non togliere, durante la visione, la sensazione del piccolo film indipendente a low budget. La recitazione degli attori, tra cui gli stessi registi Stefano Jacurti e Emiliano Ferrera - quest’ultimo un sosia praticamente perfetto di Clint Eastwood - del resto è molto teatrale (cosa inevitabile visto che quasi tutti gli interpreti provengono appunto dall’ambiente del teatro) e ovviamente un po’ improvvisata, ma un doppiaggio professionale avrebbe senza dubbio contribuito a migliorarla e a dare al film una resa più “cinematografica”, anche perché le facce invece sono quelle giuste. Quasi interamente girato in esterni, nei fine settimana e nei ritagli di tempo e in condizioni proibitive a dieci gradi sotto zero, il film dura quasi un’ora e mezza e in pratica è il primo lungometraggio western realizzato in Italia da parecchi anni a questa parte. Sarebbe da applaudire a scena aperta e a prescindere solo per il grande lavoro e l’enorme passione che lo sottintende." (Mauro Mihich)
2008 Copperhead di Todor Chapkanov con Brad Johnson, Keith Scaduto, Brad Greenquist, Wendy Carter, Billy Drago
L'abituale cavaliere solitario arriva nell'abituale paesino isolato, dimostrando subito di essere un eroe. Gli toccherà organizzerà la difesa da un'invasione di serpenti assassini. Piacevole l’atmosfera western della prima parte, anche se c’è una tale abbondanza di cliché da sfiorare la parodia. Le produzioni televisive western di questo tipo in genere si distinguono per una certa sciatteria nelle scenografie e nella cura dei dettagli, invece in questa l’ambientazione e i costumi sono credibili e ben curati. Molto meno curata la seconda parte, tutta basata sulla lotta tra i cowboy e i serpenti. I rettili sono in tutta evidenza un dozzinale effetto computerizzato e nel finale compare un terribile serpentone gigante. Comunque, se si sta al gioco, è un tale profluvio di botti e spari che ci si può divertire. Il modello è "Tremors" e come ne "Gli uccelli" di Hitchcock non viene data nessuna spiegazione sul comportamento degli animali.
2008 Six Reasons Why
di Jeff e Matthew Campagna con Dan Wooster, Colm Feore
Un altro prodotto praticamente amatoriale, ma con velleità artistiche. Esteticamente si rifà ai western nostrani, ma con suggestioni da opere fantasy come "L'ultimo cavaliere" di Stephen King, da cui forse riprende l’idea di un western ambientato in un futuro post-apocalittico. Un misterioso pistolero, oscuramente legato ad una città in rovina e ad un cavallo bianco di cui sembra schiavo, uccide tutti quelli che cercano di attraversare il deserto, di cui è una sorta di custode. Farà la conoscenza con un uomo nerovestito che lo aiuterà a fuggire dal cavallo e accetterà di guidare attraverso il deserto due viaggiatori. Tutti contro tutti nella sfida finale. Film dalle ambizioni mistiche, dai molti simboli e dai tempi dilati, punteggiato da flashback enigmatici e citazioni importanti (Leone soprattutto). Ambizioni che cozzano contro la miseria del budget, con attori non professionisti piuttosto imbarazzanti e palesemente fuori parte, una regia che alterna raffinatezze d’autore ad espedienti da morti di fame. Mai come in questo caso il giudizio del film dipende tutto dal grado di disponibilità di chi guarda.
2008 The Burrowers
di J.T. Petty, con Karl Geary, Jocelin Donahue, Clancy Brown
Dopo tanti filmetti, finalmente un film che meriterebbe di diventare un cult, non solo del filone in preso in esame. Un film di genere intelligente e serio, dalla regia raffinata e sinuosa, che nobilita una trama apparentemente poco interessante, una specie di variante cupissima e dark di "Tremors", ambientato in un West sospeso e rarefatto, alla "L'assassinio di Jessie James per mano del codardo Rober Ford".
"Davvero una bella sorpresa: un buonissimo western-horror, che si inserisce nel cross-genre ora molto di moda, ma che quasi mai dà risultati decenti. Particolarmente interessante soprattutto perché è la cornice western a essere predominante rispetto a quella horror: per tutta la prima ora, infatti, è un western vero e proprio, peraltro molto duro e violento, con tutti gli elementi deputati del genere, come la ricerca dei rapiti (solo che i rapitori, come si scoprirà, non sono indiani, ma qualcosa di ben più terrificante), il territorio ostile, il plotone di soldati (dipinti come tanti pazzi sanguinari), gli esperti frontierman, gli scontri a fuoco e i bivacchi notturni."
"Ma anche il finale horror è gestito molto bene, tanto che il film regge benissimo fino alla conclusione, il momento di solito in cui le operazioni di questo tipo si squagliano come neve al sole. Il senso di minaccia e suspense, invece, è molto ben costruito e non accusa cedimenti. Il regista, tal JT Petty, insomma, sembra avere una buona mano. Altre cose apprezzabili il fatto che nessuno dei protagonisti sia particolarmente piacevole o eroico, ma anzi risultino tutti più o meno antipatici, e un far west ottimamente fotografato in toni plumbei e angoscianti. Notevole anche il finale non consolatorio, anzi decisamente pessimista, che per un film presumibilmente indirizzato al pubblico dei teenagers non è poco. In pratica una specie di "Sentieri selvaggi" in versione horror, che sposa anche un punto di vista filoindiano (i Burrowers si cibano di carne umana a causa dello sterminio dei bisonti ad opera dei bianchi). L’idea originale ricorda vagamente Tremors, un geniale filmetto anni ottanta. Tutti sconosciuti, ma assai efficaci, gli attori." (Mauro Mihich)
2009 The Donner Party
di T. J. Martin con Crispin Glover, Clayne Crawford, Michele Santopietro
Per una volta l'orrore non è di origine soprannaturale, ma nasce dalla cronaca storica. In questo caso quella delle sinistre vicende riguardanti la carovona Donner, tragedia che in America fa parte dell’immaginario collettivo ed è conosciuta con il cinico nomignolo del titolo. Ecco quindi la storia di quella carovana di pionieri disgraziati, che nel 1846 rimasero bloccati dalla neve sulle montagne e che la fame spinse al cannibalismo. Girato nei veri luoghi in cui accadde il fattaccio, è un fosco docu-dramma storico che corre continuamente il rischio di sembrare una di quelle ricostruzioni edulcorate e posticce dei programmi divulgativi. Anche perché - lo dobbiamo notare e scrivere per l’ennesima volta - il budget è visibilmente misero, nonostante la presenza di un attore di un certo nome come Crispin Glover. Comunque di tipicamente western non c'è quasi nulla.
di T. J. Martin con Crispin Glover, Clayne Crawford, Michele Santopietro
Per una volta l'orrore non è di origine soprannaturale, ma nasce dalla cronaca storica. In questo caso quella delle sinistre vicende riguardanti la carovona Donner, tragedia che in America fa parte dell’immaginario collettivo ed è conosciuta con il cinico nomignolo del titolo. Ecco quindi la storia di quella carovana di pionieri disgraziati, che nel 1846 rimasero bloccati dalla neve sulle montagne e che la fame spinse al cannibalismo. Girato nei veri luoghi in cui accadde il fattaccio, è un fosco docu-dramma storico che corre continuamente il rischio di sembrare una di quelle ricostruzioni edulcorate e posticce dei programmi divulgativi. Anche perché - lo dobbiamo notare e scrivere per l’ennesima volta - il budget è visibilmente misero, nonostante la presenza di un attore di un certo nome come Crispin Glover. Comunque di tipicamente western non c'è quasi nulla.
2009 Dead Walkers
di Spencer Estabrooks con Michael Shepherd, Cheryl Hanley, Brendan Hunter
Non è un vero film, ma un cortometraggio candese di un quarto d’ora. Ma visto che chi scrive se n’è accorto solo dopo aver perso un bel po' di tempo cercando di procurarselo e cerandone notizie ed immagini, lo cito comunque. Ancora zombi nel West e confezione amatoriale quindi, ma sulla corta distanza dei 14 minuti la cosa potrebbe avere un suo senso e suscitare maggior simpatia.
di Spencer Estabrooks con Michael Shepherd, Cheryl Hanley, Brendan Hunter
Non è un vero film, ma un cortometraggio candese di un quarto d’ora. Ma visto che chi scrive se n’è accorto solo dopo aver perso un bel po' di tempo cercando di procurarselo e cerandone notizie ed immagini, lo cito comunque. Ancora zombi nel West e confezione amatoriale quindi, ma sulla corta distanza dei 14 minuti la cosa potrebbe avere un suo senso e suscitare maggior simpatia.
2009 High Plains Invaders
di K. T. Donaldson con James Marsters, Cindy Sampson, Sebastian Knapp
Probabilmente realizzato per anticipare e vivere del riflesso di "Cowboys & Aliens", poi uscito un paio d’anni dopo, è un filmetto dalla mesta aria televisiva, con quell’aria fasulla stile "Signora del west" nell’ambientazione e nella caratterizzazione dei personaggi. Eppure tutto sommato divertente nel suo essere completamente votato all'azione, con le più classiche situazioni da film d’invasione e assedio che si mescolano con gli altrettanto classici cliché del western. Con la sua aria povera, ma dignitosa, e i suoi tentativi di recupere il clima di certi b-movie degli anni 50, si segnala in fondo come l'ennesima variante di "Tremors", un piccolo film che ha evidentemente avuto una notevole influenza sul cinema fantastico degli ultimi anni. Gli alieni si presentano come un misto tra gli insettoni di "Starship Troopers" e i cosi volanti de "La guerra dei mondi" degli anni 50.
di K. T. Donaldson con James Marsters, Cindy Sampson, Sebastian Knapp
Probabilmente realizzato per anticipare e vivere del riflesso di "Cowboys & Aliens", poi uscito un paio d’anni dopo, è un filmetto dalla mesta aria televisiva, con quell’aria fasulla stile "Signora del west" nell’ambientazione e nella caratterizzazione dei personaggi. Eppure tutto sommato divertente nel suo essere completamente votato all'azione, con le più classiche situazioni da film d’invasione e assedio che si mescolano con gli altrettanto classici cliché del western. Con la sua aria povera, ma dignitosa, e i suoi tentativi di recupere il clima di certi b-movie degli anni 50, si segnala in fondo come l'ennesima variante di "Tremors", un piccolo film che ha evidentemente avuto una notevole influenza sul cinema fantastico degli ultimi anni. Gli alieni si presentano come un misto tra gli insettoni di "Starship Troopers" e i cosi volanti de "La guerra dei mondi" degli anni 50.
2010 GalloWWalker
di Andrew Goth con Wesley Snipes, Tanit Phoenix, Riley Smith, Parick Bergin
Sul misterioso pistolero Aman pesa nientemeno che una maledizione divina, chiunque uccide torna come zombi (uff…), tutto perché la mamma suora aveva rinunciato alla sua fede facendo arrabbiare Dio. Boiate pseudo-bibliche a parte, l’idea di fondo era anche piuttosto carina, ma il film sembra la solita solfa di trash "postmoderno", quindi uno di quei film in cui gli autori sembrano mettere continuamente le mani avanti per rassicurare lo spettatore che è solo uno scherzo, che è tutto finto e niente va preso sul serio. Così, per non prendere nulla sul serio, Wesley Snipes ha un pizzo sbiancato che fa più club gay di Ibiza che non pistolero maledetto, i mostri hanno pettinature e costumi che sembrano usciti da un anime giapponese, le scene d’azione il probabile tripudio delle peggiori assurdità. Film dalla produzione tormentatissima, girato nel 2007, rimasto bloccato per anni e poi vittima di una distribuzione fantasma.
di Andrew Goth con Wesley Snipes, Tanit Phoenix, Riley Smith, Parick Bergin
Sul misterioso pistolero Aman pesa nientemeno che una maledizione divina, chiunque uccide torna come zombi (uff…), tutto perché la mamma suora aveva rinunciato alla sua fede facendo arrabbiare Dio. Boiate pseudo-bibliche a parte, l’idea di fondo era anche piuttosto carina, ma il film sembra la solita solfa di trash "postmoderno", quindi uno di quei film in cui gli autori sembrano mettere continuamente le mani avanti per rassicurare lo spettatore che è solo uno scherzo, che è tutto finto e niente va preso sul serio. Così, per non prendere nulla sul serio, Wesley Snipes ha un pizzo sbiancato che fa più club gay di Ibiza che non pistolero maledetto, i mostri hanno pettinature e costumi che sembrano usciti da un anime giapponese, le scene d’azione il probabile tripudio delle peggiori assurdità. Film dalla produzione tormentatissima, girato nel 2007, rimasto bloccato per anni e poi vittima di una distribuzione fantasma.
2010 Jonah Hex
di Jimmy Hayward con Josh Brolin, John Malkovich, Megan Fox
"Ovvero come buttare nel cesso la bellezza di 47 milioni di dollari. Uscito la scorsa estate (cioè nel periodo dei grandi blockbuster) in ben 2800 sale degli Stati Uniti il film ne ha raggranellati poco più di 5, conquistandosi l’ambito titolo di western più fallimentare della storia del cinema insieme a I cancelli del cielo. Difficile dire cosa possa spinto il pubblico a disertare in massa le sale visto che il film è si brutto, ma non più di tante altre boiate tratte dai fumetti che invece incassano miliardi.
di Jimmy Hayward con Josh Brolin, John Malkovich, Megan Fox
"Ovvero come buttare nel cesso la bellezza di 47 milioni di dollari. Uscito la scorsa estate (cioè nel periodo dei grandi blockbuster) in ben 2800 sale degli Stati Uniti il film ne ha raggranellati poco più di 5, conquistandosi l’ambito titolo di western più fallimentare della storia del cinema insieme a I cancelli del cielo. Difficile dire cosa possa spinto il pubblico a disertare in massa le sale visto che il film è si brutto, ma non più di tante altre boiate tratte dai fumetti che invece incassano miliardi.
Probabile che il micidiale intruglio composto da western, horror, pulp, steampunk, cinecomics e chi più ne ha più ne metta si sia rivelato un minestrone troppo difficile da digerire anche per la bocca buona del pubblico di mangiatori di popcorn a cui il film era evidentemente destinato, oppure che il fatto che il protagonista oltre che orrendo sia pure antipatico abbia impedito qualsiasi possibilità di empatia ed identificazione da parte dei suddetti spettatori. Potrebbe aver influito anche il divieto ai minori di 13 anni (che per un film tratto dai fumetti deve essere una mazzata mica da poco) affibbiatogli dalla MPAA, a causa delle “intense sequences of violence and action, disturbing images and sexual content” (ma dove???). Certo, bisogna dare conto che la pellicola ha avuto anche delle vicissitudine produttive mica da ridere, visto che sono stati cambiati registi, sceneggiatori e anche gli autori della colonna sonora, che inizialmente dovevano essere la band heavy metal dei Mastodon, poi rimpiazzata a causa dei continui rimontaggi del film. In effetti la pellicola è molto breve (nemmeno un’ora e un quarto), anche se a causa dello stile videoclipparo con cui è diretta pare duri tre ore, proprio per le difficoltà dovute al riuscire a montare in maniera coerente e accettabile il materiale girato. Non che quello che ne è venuto fuori sia comunque molto coerente, accettabile ancora meno... Josh Brolin, con il viso devastato da un trucco assurdo, recita come può, costretto a tenere la bocca perennemente semiaperta in un ghigno non molto bello da vedersi, e certo il personaggio non gli permette grandi sfoggi di bravura interpretativa, ma è comunque l’unica cosa da salvare del film, e quando sibila qualche battuta tra i denti alla Clint Eastwood riesce addirittura ad essere piuttosto efficace. Megan Fox, non c’è bisogno di dirlo, è la solita gnocca da paura, ma le capacità di recitazione della signorina sono abbondantemente sotto il livello di guardia (del resto con quel corpo probabilmente non ne ha bisogno...). Pietoso velo su Johm passa alla cassa Malkovich, ormai diventato il peggior marchettaro di Hollywood. Girato in Louisiana, mentre la parte iniziale a fumetti se le mie competenze fumettistiche non mi ingannano mi pare disegnata dall’argentino Marcelo Frusin. Non è nemmeno il caso di scandalizzarsi troppo sui numerosi tradimenti operati al fumetto,visto che dopotutto nemmeno quest’ultimo era granché." (Mauro Mihich)
2011 Cowboys & Aliens
di Jon Favreau con Daniel Craig, Harrison Ford, Sam Rockwell, Olivia Wilde, Noah Ringer, Clancy Brown, Wes Studi
Perché sprecare parole quando qualcuno ha già scritto meglio quello che si vorrebbe scrivere? Il "senso del cappello" per sintetizzare lo sbando del cinema americano di genere (e no) è una metafora che meriterebbe grande fortuna.
2011 Exit Humanity
di John Geddes con Mark Gibson, Jordan Hayes, Dee Wallace
Ancora zombi (e ancora l'ambientazione durante la guerra civile americana) però stavolta in versione serissima e d’autore. Basta per evitare l'effetto di saturazione creato dalla miriade di film sui morti viventi usciti negli ultimi anni? 1865, a guerra appena finita un reduce torna alla sua casa nelle campagne del Tennessee, ma trova la moglie già trasformata in zombi e il figlio scomparso. Inizierà a cercarlo in un territorio devastato dalla guerra e dall'invasione dei non morti. Racconto pessimista e cupissimo, fin dal titolo sorretto dall’idea che dopo una guerra le persone dovrebbero ritrovare la propria umanità non dimenticando, ma affrontando i propri e altrui morti... in questo caso non metaforicamente. Diretto, scritto e prodotto dal semi esordiente Geddes, è un film curatissimo, con una fotografia raffinata e un bel senso dei paesaggi, un’efficace colonna sonora, costumi credibili e curiosi effetti grafici. Il tutto sorretto da un ottimo cast all’altezza della situazione. Geddes si rifà agli zombi "metaforici" di Romero, ma rischia di superare in serietà anche il maestro, dando al film un ritmo lentissimo e meditativo, presentando degli zombi dal make-up molto sobrio e sacrificando a volte i meccanismi della suspense, in favore dell'approfondimento dei personaggi. Non per tutti i gusti ma sicuramente interessante.
di John Geddes con Mark Gibson, Jordan Hayes, Dee Wallace
Ancora zombi (e ancora l'ambientazione durante la guerra civile americana) però stavolta in versione serissima e d’autore. Basta per evitare l'effetto di saturazione creato dalla miriade di film sui morti viventi usciti negli ultimi anni? 1865, a guerra appena finita un reduce torna alla sua casa nelle campagne del Tennessee, ma trova la moglie già trasformata in zombi e il figlio scomparso. Inizierà a cercarlo in un territorio devastato dalla guerra e dall'invasione dei non morti. Racconto pessimista e cupissimo, fin dal titolo sorretto dall’idea che dopo una guerra le persone dovrebbero ritrovare la propria umanità non dimenticando, ma affrontando i propri e altrui morti... in questo caso non metaforicamente. Diretto, scritto e prodotto dal semi esordiente Geddes, è un film curatissimo, con una fotografia raffinata e un bel senso dei paesaggi, un’efficace colonna sonora, costumi credibili e curiosi effetti grafici. Il tutto sorretto da un ottimo cast all’altezza della situazione. Geddes si rifà agli zombi "metaforici" di Romero, ma rischia di superare in serietà anche il maestro, dando al film un ritmo lentissimo e meditativo, presentando degli zombi dal make-up molto sobrio e sacrificando a volte i meccanismi della suspense, in favore dell'approfondimento dei personaggi. Non per tutti i gusti ma sicuramente interessante.
Non ce l’ho fatta a citare “Big Money Rustlas”, western(?) del 2010 interpretato... da rapper neri ciccioni… vestiti da clown. Che ok il "weird", ma mica si può perdere tempo dietro ad ogni cretinata.
RispondiEliminaSegnalo invece il futuro (speriamo) “Sacrilege” del bravissimo Neil Marshall, horror western minerario, che per il regista vorrebbe fosse una specie di versione desertica de “La cosa” di Carpenter. Sbavo.
E' incredibile come il western possa far scappare a gambe levate anche i fan dell'horror e del weird (che sono infinitamente più numerosi). Dei diciotto film che avete elencato 1 è italiano, 4 sono stati doppiati e 2 diffusi online con i sottotitoli italiani... una percentuale miserrima da voltastomaco. Che la presa di distanza colpisca i prodotti più scadenti e amatoriali sono d'accordo, ma evitare di editare in italiano anche pellicole interessanti come "Exit Humanity", "The Donner Party" e pure "The Burrowers" e "High Plains Invaders" mi pare assurdo! Non che si pretenda una distribuzione in tutte le sale, ma anche una minima edizione HV andrebbe benissimo!
RispondiEliminaBah...
Per non lasciare un commento a "mani vuote" vi segnalo anche due altri weird western (più il primo che il secondo): "The last rites of Ransom Pride" (che qualcuno di voi ha recensito sul forum TWO) e "Scape" (http://www.imdb.com/title/tt1665762/) un altro western che sarebbe fantastico vedere doppiato.
A presto!
Mario
(Aquila della Notte su TWO)
Ciao Mario.
RispondiElimina"Ransom Pride" l'ho visto come un western tutto sommato normale e sarà trattato nella (faticosissima) rassegna sui western degli ultimi anni.
"Scape" me lo segno.
Grazie.
'a volte, forse più spesso di quanto si voglia ammettere, che un film sia un ricco prodotto hollywoodiano non è un demerito.' Cazzo, vero, quando la cosa non va a castrare i contenuti o l'eventuale messaggio (che non ci deve essere per forza, ovvio), è proprio vero. Ed è anche bello sentirlo dire in tempi in cui la zozzeria viene nobilitata a priori (e ricreata ad arte)
RispondiEliminaChe poi sono il primo a dire che l'industria hollywoodiana, negli ultimi diciamo 20 anni, è diventata quasi solo un assurdo baraccone, dove vengono sprecati fantastiliardi per produrre inutili scemenze.
RispondiEliminaMa se l'alternativa sono queste produzioni semi-amatoriali, beh quasi quasi mi tengo le scemate hollywoodiane, che almeno garantiscono un minimo di professionalità.
Per dire, "The Quick and the Undead" l'ho visto (fino a poco tempo fa si trovava in ottima risoluzione su youtube) e veramente ho fatto fatica a trovare qualcosa da dire nelle dieci righe che gli ho dedicato. Da una parte non è fatto neanche male e si vede l'impegno di chi l'ha fatto, dall'altra ti sembra di star lì a guardare il filmino delle vacanze di alcuni buontemponi vestiti a carnevale. Come si fa ad applicare i normali parametri di giudizio che si applicano ai film per qualcosa che si stenta persino a riconoscere come un film?