RINGO
...è una questione di principio!
Non molto tempo fa, nella monografia dedicata ai film di Sartana, si lamentava la poca avvedutezza dei produttori di western nostrani che, non curandosi di registrare legalmente il nome dei personaggi-simbolo del genere, diedero il via libera alla realizzazione di uno sproposito di sottoprodotti spuri miranti a cavalcare l'onda lunga del successo dei prototipi. Il discorso è quanto mai valido anche per Ringo, il primo grande nome-icona del western italiano; dopo le due pellicole "ufficiali" dirette da Duccio Tessari, interpretate da Giuliano Gemma e prodotte dal terzetto Ercoli-Pugliese-Balcázar - di cui ci occupiamo in questo articolo - i film con un "Ringo" piazzato alla bell'e meglio nel titolo sono una diecina abbondante, senza contare gli innumerevoli casi in cui il sunnominato appellativo veniva magari evitato in sede di locandina ma puntalmente affibbiato dagli sceneggiatori, come un ammiccante epiteto, ai vari protagonisti dei propri copioni.
Il Ringo vero è però, a ben vedere e stringendo al massimo, soltanto quello scanzonato, furbesco e bambinescamente violento del primo film. Anzi, il vero Ringo è in fin dei conti semplicemente un volto, quello di Giuliano Gemma. Innanzitutto perché già il dittico originario presenta forti contraddizioni interne, ed è difficile pensare a due film piú diversi fra loro di Una pistola per Ringo e Il ritorno di Ringo: tanto il primo è scattante e allegramente amorale quanto il secondo è grave e pomposamente tragico. In secondo luogo perché quello di Gemma e Ringo è uno dei casi di identificazione attore-personaggio piú fortunati del cinema italiano: nella sua carriera western, a parte qualche caso isolato, il romano non farà che ripetere, sotto altre spoglie, l'inconfondibile atteggiamento del suo primo grande ruolo.
«Ringo è un personaggio formidabile, non meno innovativo del pistolero senza nome di Eastwood. Chiacchierone e faccia tosta, cinico e beffardo, uccide piú per gioco e divertimento che per altri scopi: dice tutto del personaggio la sua memorabile entrata in scena, una sequenza in cui, mentre gioca alla campana con dei bambini, uccide quattro uomini per una sorta di dispetto infantile. È il discendente dei ruoli piú canaglieschi di Kirk Douglas e Burt Lancaster, ma con una leggerezza, un'imperturbabilità e un'aria giovanile che quei personaggi non avevano.» (T. S.)
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1965 UNA PISTOLA PER RINGO di Duccio Tessari. Con Giuliano Gemma, Fernando Sancho, Lorella De Luca, Nieves Navarro, Antonio Casas.
«Anche se gli preferivo il piú serio Il ritorno di Ringo, da ragazzino mi piaceva, poi chissà perché con gli anni l'avevo svalutato, ricordandomelo come uno spaghetti troppo classico e frivolo in confronto ai film di Leone. Invece è una pellicola modernissima, tutto giocata sulla rapidità e l'agilità delle scene. Non ricordavo assolutamente l'allegra ecatombe cui si assiste: alla fine ci saranno come minimo una cinquantina di morti. Anche le scene piú atroci sono intinte in uno humour nerissimo: gli autori trasformano in gag anche l'uccisione di ostaggi innocenti, donne comprese. Notevole anche il contrasto tra la violenza del racconto e l'ambientazione natalizia. Spassosissimi i dialoghi, con i tormentoni d'antologia di Ringo: "È una questione di principio!", "Poi ti spiego...", "Se c'è una cosa che non sopporto..." e tutta la serie di citazioni e proverbi storpiati. Gemma è assolutamente perfetto, nella parte della sua vita. Perfetta anche la voce del suo doppiatore, il grande Adalberto Maria Merli. Azzeccatissimo anche il resto del cast: da un incontenibile Fernando Sancho a tutti i banditi ottimamente caratterizzati. Nieves Navarro è piú simpatica e sexy della bambolina Lorella De Luca, che però aveva un personaggio meno melenso di quel che ricordavo. L'onesto e coraggioso sceriffo di George Martin, che in un western americano sarebbe stato il protagonista, qui è un personaggio assolutamente secondario. Poi, per capire la modernità e l'enorme successo di questo film basta confrontarlo con la coeva produzione americana. Non tanto con i pochissimi western seri di un certo rilievo prodotti in quell'anno (Sierra Charriba, Doringo!, I quattro figli di Katie Elder), ma con il trionfo (solo sul suolo americano, però) delle commedie western. Il 1965 è infatti l'anno del successo strepitoso del puerile Cat Ballou, con Jane Fonda e Lee Marvin (premiato anche con l'Oscar), dei bolsi Rancho Bravo e La carovana dell'Alleluja, dell'appena piú vispo Gli indomabili dell'Arizona di Burt Kennedy. Western brillanti che di realmente brillante non avevano nulla, invecchiati malissimo, opachi e pesanti, infarciti di un'ironia senile e melensa. La differenza che passa tra Una pistola per Ringo e quei film è la stessa che passava all'epoca tra un disco dei Rolling Stones e il dischi di Pat Boone.» (T. S.)
1965 IL RITORNO DI RINGO di Duccio Tessari. Con Giuliano Gemma, Lorella De Luca, Fernando Sancho, Antonio Casas, Nieves Navarro.
Passato poco piú di un mese dall'uscita di Una pistola per Ringo, già nel frattempo arrivato a quota 320 milioni di lire d'incasso, i produttori Luciano Ercoli e Alberto Pugliese, decisi a sfruttare al massimo l'ormai dilagante "ringomania", affidarono a Tessari il compito di dirigerne l'inevitabile sequel, dal programmatico titolo Il ritorno di Ringo. I set sono gli stessi del prototipo, il cast praticamente anche: oltre a Giuliano Gemma ritroviamo, seppur in ruoli diversi, Fernando Sancho, Lorella De Luca, Antonio Casas, George Martin e il mitico Pajarito. Il tono e l'impostazione, invece, sono radicalmente differenti - il film infatti nel progetto originale di Tessari avrebbe dovuto intitolarsi L'Odissea dei lunghi fucili, dunque niente a che fare con Ringo. Il ritorno di Ringo è un film serissimo, cupo, violento, dall'andamento lento e solenne, in cui i pochi momenti leggeri sono affidati all'estro di Pajarito: niente a che vedere con il brio, l'agilità e l'ironia del precedente. Lo stesso protagonista, lungi dall'essere il simpatico e temerario scavezzacollo de prototipo, è un uomo maturo, che ha visto gli orrori della guerra* ed è completamente assorbito dalla sua ansia vendicativa, continuamente sottolineata dall'inquietante tic alla guancia sinistra. Il plot - del regista e Fernando Di Leo - è chiaramente ispirato all'Odissea ma sono altrettanto evidenti i richiami al western classico americano - lo sceriffo di Antonio Casas è costruito sul borracho di Dean Martin in Rio Bravo. Confezione di lusso, regia di raffinata eleganza, interpreti adeguati. Continuo tuttavia a preferigli Una pistola per Ringo, forse meno solido ma di certo piú originale e scattante. Bellissime sia la mite Lorella De Luca, moglie di Tessari, che la conturbante Nieves Navarro, fidanzata di Luciano Ercoli. Dopo questo film Tessari dichiarò: "Basta con i film western. Non ne farò più neanche uno". In realtà ne dirigerà altri due.
* In Una pistola per Ringo Ringo sostiene di aver combattuto nella guerra civile, prima per il Sud e poi, visto come si mettevano le cose, con il Nord. Questo configurerebbe Il ritorno di Ringo come un prequel, ma in realtà è soltanto la prova che i due film tra di loro non hanno nulla a che fare e che il titolo ammiccante è soltanto un'abile trovata commerciale dei produttori.
Paolo d'Andrea
E' curioso notare come nella parte finale della storia de "Il ritorno di Ringo" - il lungo scontro nella villa dei cattivi - gli autori tentino di creare qualche collegamento tra i due Ringo. Saltano fuori infatti dei tocchi d'ironia, viene ripreso il tormentone "Poi ti spiego..." e il fin lì cupissimo protagonista inizia a sorridere.
RispondiEliminaComunque il vero ritorno del personaggio lo si avrà con l'eccellente "Arizona Colt", che è palesemente lo stesso identico personaggio di "Una pistola per Ringo".