giovedì 12 luglio 2012

i film 42 - El Arracadas



1978 EL ARRACADAS
di Alberto Mariscal, con Vicente Fernández, Fernando Almada, Roberto Cañedo, Patricia Rivera, Mario Almada, Raquel Olmedo, María Teresa Álvarez, Humberto Elizondo

Proseguiamo la nostra rassegna sui western messicani, con il sospetto di essere i primi in Italia a occuparci di questo sottofilone, con quest’altra pellicola del maestro del Chili-Western Alberto Mariscal, regista misconosciuto ma che negli anni settanta ha girato, sugli stessi set dei classici americani, molti western autoctoni, perseguendo una propria via al genere insolita e bizzarra.

A noi i western di Mariscal piacciono perché sono violentissimi, perché si rapportano in maniera originale e inedita alle convenzioni del genere, con un approccio quasi surrealista tipicamente messicano, e perché lo stile visivo del regista, caratterizzato da ralenti, montaggio stretto e alternato, zoom, fuori fuoco, panoramiche a schiaffo, repentini cambi di campo e angolazione, ci pare niente affatto banale.



Con questa pellicola della fine anni settanta, diretta quando anche in Messico il genere era ormai agli sgoccioli e aveva esaurito la sua spinta commerciale, il regista rifiuta però sia la tradizionale iconografia americana che quella italiana fonti d'ispirazione dei suoi western precedenti per sposare un’estetica totalmente messicana, legata al cinema 'charro' e alla cosiddetta 'commedia ranchera', quindi con un’ambientazione pseudo-moderna, ranch, rodei e cavalli, musica mariachi, combattimenti di galli, fiumi di tequila e messicani dai sombreri enormi e abbigliati in maniera tanto vistosa quanto assurda.



La trama è intrisa di quel "tremendismo" messicano caro al regista e ricorda in diversi punti quella di Occhio per occhio, dente per dente… sei fregato, Cobra (El sabor de la venganza, 1970).
Costretto dalla madre a pronunciare un tremendo giuramento di vendetta per la morte del padre, ucciso da un vecchio nemico tornato dal passato, il protagonista intraprende un lungo viaggio di morte. Lungo il cammino incontrerà odio, amore, violenza e un vecchio pistolero che gli insegnerà l’arte dell’assassinio e cercherà di dissuaderlo dai suoi propositi di vendetta. Tutto sarà inutile, perché il nostro non rinuncerà a mantenere la sua promessa, il che condurrà a un finale particolarmente sanguinario in cui praticamente muoiono tutti.



Come altri di Mariscal anche questo film si pone chiaramente come riflessione sulla violenza che genera altra violenza in una spirale sempre crescente in cui non ci sono né vincitori né vinti.
Ancora più che in altre pellicole, però, il regista spinge sui tasti del melodramma, maneggiando materiale da telenovela per trasfigurarlo in epica con il suo stile intenso e fiammeggiante, con un’esasperazione ancora maggiore delle scene di violenza – la cosa migliore del film – riprese con rabbiosa energia e gusto barocco e ancora più risalto ai close-up delle ferite da cui sprizzano fiotti di sangue, in un mix molto efficace di azione, romanticismo e pessimismo.



Sono decisamente sorprendenti le interpretazioni del famoso cantante-attore Vicente Fernández, più di 65 milioni di dischi venduti in America Latina, e di Mario Almada, efficacissimi nei ruoli del protagonista e del suo anziano mentore.

Bella anche la musica, a parte un paio di canzoni cantate dal protagonista.

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