martedì 4 febbraio 2014

Cain's Cutthroats / Cain's Way / Justice Cain / The Blood Seekers



1971 Cain's Cutthroats / Cain's Way / Justice Cain / The Blood Seekers
di Ken Osborne. Con John Carradine, Scott Brady, Valda Hansen, Robert Dix, Don Epperson, Darwin Joston, Ttereza Thaw

Frugando nei sottoboschi delle cinematografie di mezzo mondo alla ricerca del gioiello misconosciuto, del titolo stramboide da esibire, dell'autore forse ingiustamente dimenticato, si finisce molto spesso a guardare un bel po' di spazzatura. La sensazione di star buttando via più o meno preziose ore di vita che ogni tanto ne consegue è uno dei motivi per cui, da parte di chi scrive, ogni tanto questo blog va in stand-by per mesi.
Quel rischio è maggiore quando ci si immerge negli abissi senza fondo della serie Z del cinema. Quella (ci si illude) tutta sesso e violenza, in cerca di visioni brutte e maleducate e quindi (ci si ri-illude) più libere e selvagge di quelle del cinema convenzionale.

La poco poetica realtà è che la stragrande maggioranza delle volte ci si trova davanti a film auto-censurati e goffi, dove gli unici brividi morbosi sono dovuti a qualche poster ammiccante e a titoli sensazionalisti (spesso più d'uno per film, come nel caso in questione). Altrettanto spesso ci si trova davanti a pellicole faticosamente costruite attorno a due o tre scene forti o presunte tali, ma dove nell'attesa di quelle singole sequenze si muore solo di noia. Ogni tanto si becca il film che tenta realmente la carta dell'estremo, ma in cui spesso si esagera al contrario, scadendo nel grottesco e nel ridicolo involontario a forza di accumulare effettacci e finendo comunque nella noia. E' invece davvero raro beccare il filmetto brutto, sporco e cattivo, ma che si lascia guardare e con una sua ragione di esistere. Uno di quei rari casi è questo Cain's Cutthroats / Cain's Way / Justice Cain / The Blood Seekers.

Diretto da tal Ken Osborne, regista di cinque dimenticatissime pellicole tra il 1965 e il 1974 (e neanche fosse Malick, un sesto titolo arriverà nel 2008). Una filmografia che sembra uscire dal sogno bagnato di un appassionato di cinema vintage americano: un dramma sudista, un film di motociclisti, un western di vendetta, un carcerario femminile e... un film su un tizio che cambia in meglio la sua vita scoprendo Gesù.



Sei reduci sudisti che sembrano usciti da un fagioli western italiano (nell'attesa prima di una rapina si grattano, sputano, si scaccolano, si prendono per i fondelli come bambinoni non troppo svegli) compiono una sanguinosa rapina ai danni di un carro militare. Poi si presentano a casa di un loro ex-capitano, che nel frattempo si è fatto una famiglia e una vita onesta. La rimpatriata va a finire malissimo con i sei mentecatti che stuprano e uccidono la moglie, accoppano il figlioletto e a buon conto danno fuoco anche alla casa. Nel resto del film ovviamente vedremo il furente capitano, il cui nome è - sottilissima metafora - Justice Cain, inseguire i sei debosciati trucidandoli uno ad uno.

Cain's Cutthroats è appunto un film sporco e cattivo, anche se non proprio brutto. O perlomeno non bruttissimo. Relativamente a questo tipo di prodotti è girato con un minimo di dignità, gli attori sono passabili e hanno le facce giuste, la narrazione è spiccia e coerente. A livello di trama non è niente di più che il solito, prevedibile e truce revenge movie che ci si può aspettare da questo tipo di cinematografia, uno di quei film dove a scena scontata segue scena ancor più scontata. Eppure a modo suo riesce ad essere anche un film dall'aria curiosa. Il tono generale è strano, stralunato e sottilmente ironico, in contrasto con la truculenza della storia. Le scene d'azione sono veloci e ben spruzzate di sangue, ma la violenza incredibilmente non è quasi mai totalmente gratuita, con un che di balordo e casuale che la rende inquietante. I personaggi parlano molto, quasi come in un film di Tarantino (pur non avendo certo a disposizioni dialoghi altrettanto brillanti) e ogni tanto svelano sfumature non banali. Anche l'anti-climax finale non è esattamente quello che ci si aspetta abitualmente in film di questo tipo.

Il pregio maggiore del film è che, in contrasto con la tradizione del genere, il sentiero della vendetta intrapreso dal protagonista non è solitario. A lui si affiancano due personaggi: un irresistibile prete-buonty killer, che gira il West con il suo carro e un barile dove tiene in salamoia le teste dei fuorilegge che ha ucciso e una simpatica prostituta. Personaggi ben delinati che donano un tocco di umanità alla tipica meccanicità narrativa dei revenge movie.



Praticamente sconosciuto da noi il protagonista Scott Brady era un attore western molto famoso in America. Qui è una specie di John Wayne dei poveri, ma con un'espressione malinconica che lo fa assomigliare ad un forzato della serie Z come Lon Chaney Jr. 
Un altro forzato di quella filmografia era il grande John Carradine, qui nella parte del prete cacciatore di taglie. Ne ha girati a decine e decine di filmacci inguardabili in cui l'unica cosa da salvare era la sua faccia messa lì a fare la parte di un vecchio matto a caso. Stavolta invece ha tra le mani un personaggio ricco di umorismo nero, con cui diverte e ha l'aria di divertirsi.
Il più squiternato dei sei debosciati (per divertimento taglia la mano ad un poveraccio) è interpretato da Darwin Joston, che guadagnerà un suo posticino nella storia del cinema qualche anno dopo interpretando il Napoleon Wilson di Distretto 13 di Carpenter.
La simpatica e prosperosa Valda Hansen che interpreta la prostituta aveva iniziato la carriera nei film di Ed Wood. In confronto, un film del genere doveva esserle sembrato un kolossal.  

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