martedì 10 aprile 2012

i film 22 - Apache

1972 APACHE (Cry for Me, Billy, o Face to the Wind, o Count Your Bullets, o Apache Massacre, o The Long Tomorrow, o Naked Revenge, o eccetera), di William A. Graham, con Cliff Potts, Xochitl, Harry Dean Stanton, Don Wilbanks

L’uscita nel 1970 di Piccolo grande uomo (Little Big Man, Arthur Penn) e Soldato blu (Blue soldier, Ralph Nelson) operò un radicale cambio di prospettiva all’interno del cinema western.
I nativi americani, da sempre raffigurati, con protervia tipica dei vincitori, come i cattivi per definizione di un’epopea – quella della conquista del West – nella realtà niente affatto eroica, grazie alle spinte contestatrici sessantottine e alle istanze demistificatrici della "New Hollywood" vennero finalmente riconosciuti come le vittime di quello che nei fatti fu un genocidio, oltre che una delle pagine più indegne della storia americana.
Fu un’inversione di ruoli probabilmente unica in tutta la storia di Hollywood che spazzò via, forse per sempre, moduli e schemi narrativi codificati da decenni.
La cosa, per quanto lodevole, come sempre ebbe anche degli effetti accessori. Se per anni si era infatti ingigantita la crudeltà e la cattiveria dei pellerossa per fare apologia degli eroi bianchi ora il cinema americano cominciò a operare disinvoltamente il processo opposto: gli indiani divennero tutti agnellini sacrificali e innocenti votati al martirio mentre soldati e cowboys belve assassine e senza pietà dedite agli stupri e alle uccisioni di massa.



Apache, un piccolo film indipendente dai molti titoli, si inserisce appunto senza molta fantasia in quest’ultimo filone, seguendo pedissequamente la stessa traccia narrativa di Soldato blu: un bounty killer bianco (figura mutuata dagli spaghetti-western) assume le difese di un’indiana, che se ne va a zonzo per il west completamente nuda – il film accentua infatti di parecchio la componente erotica già presente in filigrana in Soldato blu –, per poi innamorarsi di lei, finché un plotone di soldati la violenta e la uccide, scatenando la di lui vendetta. Un misconosciuto film italiano, Una donna chiamata apache, qualche anno dopo seguirà il medesimo canovaccio, con risultati non molto differenti.



Se l’atmosfera triste e tragica e il finale nichilista sono sicuramente apprezzabili, la regia televisiva del mestierante William A. Graham non brilla certo per brio e freschezza e il film si trascina piuttosto pesantemente nella sua storia d’amore interrazziale fino alla resa dei conti conclusiva. La colonna sonora a base di ballate folk e romantiche, che scimmiotta malamente quella di Soldato blu, appare peraltro fuori luogo, mentre una menzione la meritano gli attori protagonisti, dall’efficace Cliff Potts, al veterano Harry Dean Stanton, fino alla protagonista femminile Maria Potts, che nei titoli di testa figura con un nome indiano, Xochitl, completamente inventato.

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