martedì 24 aprile 2012

le monografie 6 - Silver

SILVER
Il detective assassino



Forse per via del nome poco evocativo, che per altro non compare in nessuno dei titoli dei suoi film, Silver è un dimenticato personaggio degli spaghetti western, precursore nell'abbigliamento, nel carattere e persino nell'iniziale del nome dei molto più celebri Sartana e Sabata. Personaggio non trascurabile però, anzi protagonista di una trilogia di tutto rispetto, pur dall’andamento qualitativo in calando. I suoi tre film sono un’originale e divertente miscela di western, noir e giallo, con una particolare attenzione per quest’ultimo genere, con l’identità dell’assassino che ogni volta viene svelata solo nel finale.

Non molto più ricordato del suo personaggio è l’attore tedesco Peter Lee Lawrence, piccola star di serie B dell’epoca, biondino dall’aria gelida e inquieta, dotato di fascino, carisma e di una notevole presenza scenica, scomparso molto giovane a causa di un tumore al cervello.


1967 KILLER CALIBRO 32
di Alfonso Brescia con Peter Lee Lawrence, Hélène Chanel, Agnès Spaak, Alberto Dell'Acqua, Jenny Slade, Andrea Bosic, Nello Pazzafini

All’inizio del film dei poveri minatori sfruttati pagano Silver per uccidere il loro padrone. Nel resto del film deve invece scoprire l’identità dei componenti di una misteriosa banda di rapinatori che ha massacrato i passeggeri di una diligenza, per poi poterli ammazzare uno ad uno. Silver è insomma un vero e proprio killer prezzolato, che alla bisogna si improvvisa detective per scoprire chi deve uccidere.
Film molto divertente, colorato e ritmato, serie B di classe. Probabilmente la miglior prova di Peter Lee Lawrence (ottimamente doppiato) nel genere western e presumibilmente il miglior film del famigerato tuttofare Antonio Brescia, che aveva già diretto Lawrence nel precedente "I giorni della vendetta" e che qui, con a disposizione un budget meno miserabile dei suoi soliti, dimostra che forse una certa verve ce l’avrebbe anche avuta.
La storia, scritta dallo sceneggiatore e inventore del personaggio Enzo Gicca Palli, mescola piuttosto abilmente i meccanismi del giallo con l’ironia da commedia e la violenza del noir, in una girandola di tradimenti, doppi e tripli giochi. Il punto di forza del film è il fascino cinico e imperturbabile di Silver, capace di farsi pestare a sangue con il sorriso sulle labbra o di freddare senza pietà un ragazzo dopo aver scoperto che lo ha tradito. Il calibro 32 del titolo è quello della sua pistola, che lui dice di prediligere rispetto al classico calibro 45 perché fa ferite “dignitose, nette, una vera gioia per gli occhi!”. Ad ogni buon conto lo vediamo far fuori metà dei nemici piantandogli un coltello in gola.
Cast di caratteristi anonimi, ma efficaci e un notevole reparto femminile, con la bella francesona Hélène Chanel che fa la sciantosa e la sempre molto caruccia Agnès Spaak (sorella della più celebre Catherine) che fa la candida ingenua. Bella la colonna sonora con caratteristico pezzo fischiato e qualche furtarello al Morricone de “Le pistole non discutono”.


1967 KILLER, ADIÒS (Winchester uno su mille)
di Primo Zeglio con Peter Lee Lawrence, Marisa Solinas, Eduardo Fajardo, Rosalba Neri, Nello Pazzafini, Victor Israel

Stavolta il nostro (anti)eroe torna al paesino natio, da dove in gioventù era stato scacciato per la cattiva abitudine di accoppare la gente prima di farla parlare; vizietto che non ha per nulla perso e lo metterà ancora nei guai. Il paese è un covo di serpi, dove agisce un misterioso assassino, che tiene in pugno mezza città con il ricatto e tenta di intorbidare le acque usando per i suoi delitti un winchester speciale (il “Winchester uno su mille”, un altro titolo con cui è conosciuto il film), un indizio che accuserebbe il bullo del paese che lo possedeva.
Meno spigliato del precedente, anche per via della regia più classicheggiante dell’anziano Primo Zeglio, ma il mix tra giallo, noir e western funziona ancora benissimo e il film è un altro piccolo gioiellino. Non ci si annoia tra omicidi, misteri, attentati, sospetti, indizi e improbabili ma efficaci colpi di scena. Decisamente originale, soprattutto, la presenza del mefistofelico e invisibile assassino, specie di Keyser Söze ante litteram, la cui identità per quanto abbastanza assurda non rappresenta comunque una grande sorpresa per lo smaliziato spettatore moderno.
Il protagonista, tra uno scampato attentato e l’altro, si divide tra un’antica fiamma diventata un po’ puttana (Rosalba Neri con monumentale parruccona rossa - al suo solito farà una bruttissima fine) e la figlia dello sceriffo (Marisa Solinas). I brividi sexi vengono imprevedibilmente da quest’ultima, che è sì verginella, ma decisamente poco innocente visto che tenta di sedurlo per tutto il film, anche con il classico espediente del bagno nello stagno. E purtroppo nel finale riesce pure a strappargli una proposta di matrimonio.
Anche se ha un nome diverso, Jesse, il protagonista è palesemente sempre Silver: stesso attore, stesso doppiatore, stesso modo di fare, stesso identico look, stesso cappello con nascosta un’ arma, giusto solo un po’ meno strafottente e un po' più coinvolto. Probabilmente il nome Silver non fu usato per evitare di pagare i diritti al creatore del personaggio Gicca Palli, esromesso dalla produzione, o per chissà quale altra losca ragione.


1971 IL VENDITORE DI MORTE
di Enzo Gicca Palli. Con Gianni Garko, Klaus Kinski, Franco Abbina, Gely Genka, Giancarlo Prete, Luciano Lorcas, Alfredo Rizzo.

Silver torna in scena per la terza e ultima volta qualche anno più tardi, interpretato da un sornione e bondiano Gianni Garko e diretto proprio dal suo creatore Gicca Palli. Ancora una volta un film gustosamente “pulp”, anche se un po’ inferiore ai due precedenti con Peter Lee Lawrence.

"Del tutto immeritata per quanto mi riguarda la cattiva fama che circonda questo curioso spaghetti di Gicca Palli: io l'ho trovato uno spassosissimo frullato di western, giallo, commedia e thriller (il cruento incipit è girato interamente in soggettiva) diretto con brio e gusto, capace di divertire ed intrattenere lo spettatore per novanta minuti senza cedimenti. Tutto quello che si chiede ad un buon film di genere, insomma. [...]
Con l'ingresso di Garko si attua ovviamente una sostanziale fusione tra i personaggi di Sartana e Silver, che finiscono per identificarsi: il Silver de "Il venditore di morte" è sostanzialmente un Sartana meno serioso e più aristocratico, ma che non ha perso il gusto per i trucchi da prestigiatore ed i gadget da 007 ed ha mantenuto intatto il cinismo di fondo. Al di là delle sottili distinzioni comunque Garko funziona benissimo alla pari del resto del cast, con la solita citazione di merito per Kinski che, seppur poco presente, ruba la scena ogni qual volta è inquadrato.
Bella l'ambientazione cittadina, spesso notturna, e la descrizione dei cittadini ipocriti e pieni di scheletri nell'armadio che si affannano nella ricerca di un colpevole tocca punti di sana e pungente cattiveria. Certo, non ci vuole un genio per arrivare alla soluzione dell'intrigo ma la sceneggiatura è svelta e spumeggiante al punto da far dimenticare banalità e incongruenze, puntando tutto sulla verve dei personaggi, tutti ben delineati e coerenti. La comicità non mi è parsa mai becera, anzi sempre misurata e ben inserita nel contesto. Unica concessione all'ormai dilagante fagioli è l'enorme scazzottata tra un gruppo di cercatori d'oro, ma è talmente improvvisa ed ingiustificata da risultare quasi surreale. Gran merito per la costruzione dell'atmosfera ambigua e corrotta che ammanta la cittadina va dato alla bellissima fotografia di Franco Villa.
Tutto sommato ha le carte in regola per diventare un piccolo cult." (Paolo D'Andrea)

2 commenti:

  1. Ho visto solo il terzo, "Il venditore di morte", con Gianni Garko, e onestamente devo dire che non mi ha convinto più di tanto.
    A parte Garko, sempre piuttosto efficace nel suo classico personaggio del killer-gentleman, l’ho trovato noioso nello svolgimento, inamidato nella regia, sconclusionato nella sceneggiatura gialla e pieno di scenette comiche bislacche e banali.
    Unica cosa veramente convincente Klaus Kinski, che per quanto appaia solo in poche "pose" e quasi sempre dentro una cella, "ruba" la scena a tutti gli altri solo con il suo sguardo magnetico. Il finale con il duello tra lui e Garko mi è sembrato senza dubbio la cosa migliore del film.

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  2. Beh sì, anche se l'ho trovato comunque divertente, il terzo è piuttosto sgangherato. Soprattutto si nota quell'aria di genere un po' alla deriva che hanno parecchi titoli dei 70, come se improvvisamente il cinema italiano avesse perso il polso per il genere.

    Il migliore e probabilmente l'unico che vale davvero la pena recuperare è il primo.

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