lunedì 6 maggio 2013

i film - Quanto costa morire



1968 QUANTO COSTA MORIRE
di Sergio Merolle con Andrea Giordana, John Ireland, Bruno Corazzari, Raymond Pellegrin, Sergio Scarchilli, Claudio Scarchilli, Giovanni Petrucci, Fulvio Pellegrino, Mireille Granelli, Ruggero Cressa, Betsy Bell, Giuseppe Altamura 

Bloccati dalla neve, degli spietati ladri di bestiame cercano rifugio in un piccolo villaggio, dove non tardano a rivelare la loro natura. Lasciato praticamente da solo dai suoi compaesani lo sceriffo ci rimette la pelle nel tentativo di affrontarli. Diventati i dominatori del paese i fuorilegge sottomettono e angariano la popolazione. Solo il giovane protetto dello sceriffo ha il coraggio di darsi alla macchia per combatterli, trovando l'aiuto di uno dei banditi, che in realtà è suo padre.

Come si può intuire dalla trama è un minuscolo e convenzionale prodotto di serie B, ma allo stesso tempo è anche qualcosa di completamente diverso e probabilmente unico all'interno nel genere. Si tratta infatti di uno spaghetti-western influenzato dal cinema neorealista, perlomeno quello praticato da autori come Pietro Germi e Giuseppe De Santis, che tentavano una fusione tra una spettacolarità più popolare e le tematiche sociali tipiche del movimento. In questo caso è evidente l'intenzione di servirsi del western come metafora per trattare della Resistenza partigiana e dei limiti entro cui è giusto ricorrere alla violenza. Ne esce uno spaghetti-western che va in senso completamente opposto alla tipica amoralità del genere, se si considera che nel film sostanzialmente si condanna la violenza individualista e si giustifica solo quella fatta per il bene della collettività.



Praticamente privo di influenze leoniane, si distingue anche per essere uno dei rari western italiani girati in un formato d'immagine simile a come quello dei classici americani degli anni 30 e 40 e non nella consueta orizzontalità del Techniscope nostrano, variante economica del Cinemascope hollywoodiano. Anche lo stile è da film drammatico più che da film d'azione, con persino delle evidenti influenze del cinema sovietico, da cui sono ripresi le lente carrellate laterali, la composizione quasi geometrica di alcune inquadrature e la cura negli stacchi di montaggio.

Decisamente atipico anche l'uso delle montagne abruzzesi come set. Gli autori non fanno nulla per nascondere l'italianità dei paesaggi e delle case di pietra. Anche le scene in interni, pur arricchite con elementi scenografici più western, hanno più da rustico italiano che da selvaggio West. Grazie alla bella fotografia una così smaccata esibizione della falsità della messinscena diventa a suo modo una scelta di stile coerente e affascinante. Un po' per questa straniante aria italiana, un po' per la compostezza della regia, un po' per la presenza di Andrea Giordana, il film ha un'aria che ricorda l'atmosfera ovattata e austera degli sceneggiati Rai di quegli anni.

Di stampo neorealista anche l'uso degli attori. A parte i quattro protagonisti, gli attori secondari sono tutti visibilmente non professionisti, e come tali usati più come facce che come caratteri. Particolare anche l'uso del grande caratterista francese Raymond Pellegrin, non a caso qui nell'unico titolo western di tutta la sua lunghissima carriera, nella parte di uno sceriffo molto umano e molto poco convenzionalmente eroico.
Al suo terzo e purtroppo ultimo spaghetti-western, Giordana ha la parte non troppo interessante di un giovane alle prime armi, ma dimostrava ancora di avere un fisico e una faccia perfette per il genere, anche se la sua aria tenebrosa funzionava meglio in ruoli più ambigui e tormentati, come nel bellissimo El Desperado.
Uniche facce ricorrenti nel genere sono dunque quella di uno statuario John Ireland, nella parte del bandito redento, e quella dell'attivissimo caratterista Bruno Corazzari, nero vestito e nazistoide nella parte del capo dei cattivi.



Primo e ultimo film come regista di Sergio Merolle. Era stato un direttore di produzione, anche per autori di alto blasone quali Visconti, Maselli, Questi e Pontecorvo. Come regista se n'è uscito con un miscuglio di rigidità didascalica, genuinità popolare, raffinatezze visive, semplicità naïf chissà quanto volontaria e scene d'azione di buona efficacia. I presupposti con cui si avvicina al western ricordano molto quelli di un altro misconosciuto regista-meteora del genere, il Gian Rocco di Giarrettiera Colt, ma i risultati non potrebbero essere più diversi. Se infatti il film di Gian Rocco è un delirante e coloratissimo teatrino pop, "Quanto costa morire" è un drammatico e lineare racconto di sacrificio e presa di coscienza sociale, la cui serietà è sottolineata dalle sue atmosfere cupamente invernali.

E il grande limite del film è appunto la sua impostazione fin troppo severa. Stonano con la seriosità di fondo alcune ingenuità da cinema di puro intrattenimento e soprattutto manca totalmente l'ironia sotterranea degli spaghetti-western, che praticamente emerge solo in una gag isolata: i banditi abusano delle donne del paese, tranne uno finito in casa di una racchia. I dialoghi sono sentenziosi e altisonanti, con i personaggi fin troppo consapevoli dei loro ruoli sociali, tanto che non smettono di chiosare i loro punti di vista anche in punto di morte. Esagerato anche il parallelo tra banditi e nazisti, con il biondo capo della banda esplicitamente descritto come un teorico dell'omicidio visto come risoluzione "tecnica" dei problemi, e i paesani schiavizzati stile campo di concentramento non si comprende bene a quali scopi.

Eppure il film non merita l'invisibilità e la considerazione quasi nulla di cui è da sempre soggetto. Riesce almeno ad essere un'operina curiosa e a suo modo affascinante, l'ennesima dimostrazione dell'impressionante varietà di stili, umori e tematiche che ribollivano nel gran calderone del western nostrano.

Titoli internazionali: Les colts brillent au soleil / Le prix de la mort (Francia), Taste of Death / Cost of Dying (U.S.A.), Cuanto Cuesta Morir (Spagna)

2 commenti:

  1. Film che voglio vedere letteralmente da anni. L'hai trovato in italiano? Tempo fa avevo beccato una copia in francese, ma un po' perché non ci capivo un'acca un po' per la qualità bassissima lasciai perdere.

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  2. In effetti è un film quasi invisibile, si trova pochissimo in giro. Anche Giusti mi sa che non l'aveva visto quando ha scritto il dizionario.

    Ora però o si trova in spagnolo su youtube, cercando il titolo italiano.
    Qualità video accettabile (considerando che il formato originale è un 4:3) e doppiaggio di merda, ma comprensibile.


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