sabato 11 maggio 2013
i film - Vecchia volpe
1982 VECCHIA VOLPE (The Grey Fox)
di Phillip Borsos con Richard Farnsworth, Jackie Burroughs, Ken Pogue, Wayne Robson, Timothy Webber, Gary Reineke, David Petersen, Don MacKay, Samantha Langevin, Tom Heaton
Tratto da una storia vera. Bill Miner, rapinatore di diligenze noto come "Il bandito gentiluomo", viene rilasciato ormai anziano nel 1901 dopo 33 anni di carcere. Cerca di rifarsi una vita con la famiglia della sorella, ma senza riuscire ad adattarsi ad una realtà troppo cambiata. Trasferitosi in Canada torna a fare l'unica cosa che sa fare bene: il rapinatore. Anche se non più di diligenze, ma di treni.
Titolo canadese, crepuscolare all'ennesima potenza, uscito e disperso nel periodo più buio per il western, quando l'ancora fresco disastro de I cancelli del cielo aveva reso il genere il nemico pubblico numero uno di tutti i produttori e distributori. E se questo era vero per ogni tipo di western lo era ancora di più per una pellicola come questa, la cui radicalità nel rifiutare qualsiasi concessione al mito ricorda proprio quella del film di Cimino. Intendiamoci, sono due film totalmente diversi, tanto furioso, stordente e romanticamente disperato è I cancelli del cielo, tanto dimesso, laconico e sottotono è questo. Si assomigliano molto però a livello estetico, con la messa in scena "eretica" di un West iperrealistico, irriconoscibile a livello iconografico. I personaggi non indossano i tradizionali cappelli Stetson, giacche di pelle e bandane, ma dei più attendibili borsalini, giacche di fustagno e colletti inamidati. Dettagli stranianti per quanto paradossalmente realistici sono anche il continuo mostrare oggetti meccanici di uso comune, vedere il protagonista che lavora in una fabbrica o che ascolta un'aria d'opera con un grammofono.
Il film è ambientato ai primi del 900, in un Canada uggioso e autunnale, quando l'epopea del West era finita da un pezzo, ma l'aria che si respira nel film lascia intendere che quell'epopea non è neanche mai esistita o che comunque era stata qualcosa di molto diverso da quanto poi idealizzato. In una delle prime sequenze il protagonista va a vedere al cinema La grande rapina al treno di Edwin S. Porter, il film del 1903 che convenzionalmente viene considerato il primo film western della storia. Beffardamente proprio da quella visione prenderà spunto per riprendere la sua carriera criminale, ma la goffa e crudele realtà delle rapine di cui sarà protagonista cozzerà con la pur ingenua spettacolarità del film.
Le rare sequenze di violenza sono quanto di più anti-spettacolare e disadorno si possa immaginare. Tutto appare casuale e viene raccontato con uno stile freddo e compassato. Ad esempio, in un'improvvisa divagazione della trama il protagonista accompagna un suo amico sceriffo nella caccia di un uomo che in un momento di follia ha sterminato la sua famiglia: lo ritroveranno banalmente morto congelato su un filo spinato. Questa mancanza di ogni potenziale catarsi, sommata alla rinuncia di ogni giudizio morale sui personaggi, crea una sorta di tensione sotterranea che attraversa l'intero film e trasmette la sensazione di una violenza che, anche se non esplode mai, è comunque sempre presente e permea i rapporti tra tutti i personaggi.
Motore e anima del film è l'interpretazione di Richard Farnsworth, nei panni di un personaggio ambiguo e indefinibile. Grandissimo caratterista Farnsworth è stato protagonista assoluto solo in due occasioni, in questa e nel suo ultimo film "Una storia vera", lo struggente capolavoro di Lynch del 1999. In questo caso mette la sua faccia da volpe saggia al servizio di un personaggio simpaticamente amorale, criminale più per carattere e mancanza di voglia di lavorare che per avidità, non però privo di lati oscuri, visto che comunque le sue azioni provocano delle vittime e quando serve sa essere duro verso i suoi complici. Bello il suo rapporto con una sgraziata ma vispa zitella, interpretata da un'altra caratterista dalla filmografia chilometrica, Jackie Burroughs.
Sono questi due magnifici attori e tutto l'azzeccato cast di contorno a dare il giusto tocco di calore e umanità ad un film che avrebbe rischiato di restare vittima del suo stesso rigore antispettacolare e cronachistico.
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