domenica 12 febbraio 2012

i film 8 - Ognuno per sé

1967 OGNUNO PER SÉ di Giorgio Capitani
con Van Heflin, George Hilton, Klaus Kinski, Gilbert Roland, Sarah Ross, Rick Boyd




La totale rimozione di questo bellissimo film rappresenta una delle più clamorose sviste della storia del cinema western. E non mi riferisco solo all'ambito del western nostrano, ma a tutto il cinema western. Infatti anche le eventuali diffidenze verso la tipica iconografia degli “spaghetti” dovrebbero cadere davanti ad un film molto classico, psicologico, solido e curato sotto ogni punto di vista. “Un film consigliatissimo anche ai detrattori del western nostrano. (P. D.)

La sceneggiatura, del futuro regista e maestro del noir nostrano Frenando Di Leo, altro non è che una variante de “Il tesoro della Sierra Madre”, con un gruppo di personaggi mal assortiti che vanno a lavorare in una miniera sperduta, dove la follia dell'oro e i banditi provocheranno la prevedibile tragedia. Ma se nel classico di John Huston era possibile identificare i personaggi positivi e negativi, in questo film risulta tutto molto più ambiguo e sfumato ed è impossibile per lo spettatore parteggiare o identificarsi con chiunque, dato che tutti i personaggi nascondono un lato oscuro e segreti inconfessabili, risultando imprevedibili e sfuggenti. E più che una storia sull'avidità umana dal finale beffardo, è una storia di amicizie tradite dal gran finale amaro.

Capitani, prolifico e anonimo tuttofare del nostro cinema, secondo lo sceneggiatore Di Leo non ci capiva nulla di western. Ma visto che dirige un film unico nel panorama dei western all'italiana, poco importa che lo abbia fatto per ricercata originalità o per effettiva incomprensione dei meccanismi del genere. Il film è comunque ricco di tocchi registici di gran classe, come ad esempio lo scorrere del tempo nella miniera visualizzato attraverso una goccia che riempie un vaso. “Nei contenuti speciali del dvd [edizioni Koch Media] c'è una bellissima intervista a Capitani, persona squisita e umilissima, che sottolinea il grande impegno con cui la pellicola venne realizzata, considerata da lui stesso di gran lunga la sua migliore, e il clima di entusiasmo e consapevolezza che caratterizzò le riprese e la produzione. Commoventi i ricordi di Heflin, perennemente ubriaco fuori ma professionista esemplare sul set, e Kinski, che stranamente si comportò in maniera splendida con Capitani ed il resto del cast. (P. D.)”.

L'eccentricità del film rispetto ai canoni dei western nostrani è evidente fin dal fatto che il primo sparo echeggia addirittura dopo tre quarti d’ora di film e le poche, ma notevolissime, scene d’azione sono un miscuglio di classicità hollywoodiana e violenza nostrana. Inoltre non c'è neanche la più vaga ombra dell’influenza dei film di Leone per quanto riguarda il disegno dei personaggi.


È inoltre il caso rarissimo di un western italiano che punta tutto sulla recitazione degli attori, in questo caso un poker di attori protagonisti davvero eccezionale (e comunque tutti i personaggi - anche quelli minori - sono serviti da un doppiaggio eccellente).
Di tutti gli attori hollywoodiani alcolizzati e sfasciati che videro l’Italia degli spaghetti western come ultima spiaggia della loro carriera, Van Heflin è di sicuro il più sfasciato e alcolizzato di tutti; morirà infatti pochissimi anni dopo questo film. Ma tanto più risulta decrepito e gonfio da far paura, tanto più è perfetto nella parte di un enigmatico e paranoico cercatore d’oro, forse assassino e traditore, su cui mai sapremo la verità. Un Kinski magnetico e incredibilmente misurato fa la parte di un avventuriero luciferino e inquietante, ruolo che sembra addirittura anticipare i personaggi a cui darà vita sotto la guida di Werner Herzog. Notevolissimo anche George Hilton, in un ruolo decisamente coraggioso per l’epoca, dato che si accenna neanche troppo vagamente ad un rapporto omosessuale con il personaggio di Kinski, con lui nella parte di un giovane fragile in netto contrasto con i suoi soliti ruoli da macho. Faccia tipica degli spaghetti dei primi anni, messicano vero ma con un’aria più da viveur di Tijuana che non da bandolero, Gilbert Roland azzecca “il” ruolo della sua carriera, nella parte crepuscolare di un avventuriero minato dalla malaria, personaggio che interpreta con bella intensità. Forse unico elemento veramente “spaghetti” del film, si ritaglia i suoi bei momenti anche la coppia formata da Rick Boyd e Sergio Doria, nella parte di due killer - avvoltoi. Doverosa citazione anche per la bella Sonia Romanoff, nella parte di una prostituta dal cuore d’oro, affettuosa amante di Van Heflin e unico personaggio positivo del film.

Confezione di lusso. La fotografia è di grande suggestione, con un uso sapiente dei paesaggi desertici e arroventati in cui è ambientata buona parte del film. La colonna sonora è forse un po’ troppo hollywoodiana e vecchio stampo, ma comunque affascinante.

Tommaso Sega, con interventi di Paolo D'Andrea

5 commenti:

  1. Riguardo a Kinski: nel documentario fatto da quelli di Stracult (http://www.youtube.com/watch?v=T2QVIPwcYGE) Hilton racconta che Gilbert Roland e il tedesco si odiavano al punto che negli scontri fisici fra i loro personaggi se le davano veramente... Un particolare che Capitani non racconta nel suo intervento sul dvd. Con lo stesso Hilton e con Heflin invece si trovava benissimo, tanto che era proprio lui ogni sera a trascinare pietosamente l'americano, ubriaco fradicio, nella stanza d'albergo.

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  2. Dal dizionario di Giusti, l'aiuto regista Marcello Crescenzi ricorda:

    "Kinski non era ancora come lo abbiamo visto dopo, questo era uno dei suoi primi film italiani. Ma una notte lo hanno arrestato, visto che si era messo in mezzo alla camionale con un candelabro acceso in mano."

    ahr ahr...

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  3. Kinski per me è stato un grandissimo attore sottovalutato, credo anche un po’ per colpa sua, visto che dietro compenso si abbassava a recitare in qualsiasi porcheria. Però quante volte la sua sola presenza, selvaggia e magnetica, è bastata a salvare opere per il resto dimenticabilissime?

    Certo, come personaggio deve essere stato completamente fuori di testa: ricordo una puntata di “Stracult” in cui si rievocava la lavorazione di “Nosferatu a Venezia”, dalle sue crisi isteriche che portarono all’abbandono del regista inizialmente designato (mi pare Mario Caiano) al primo giorno di riprese, ai pellegrinaggi all’alba per le calli e i canali di Venezia truccato da vampiro e con una ragazza nuda in braccio con la paura che lo mettessero dentro, al fatto che brutalizzò veramente, e non solo per finzione, Barbara de Rossi con tutti quelli sul set che lo volevano menare...

    Dovrebbe essere parecchio interessante la sua autobiografia, “All I need is love... Kinski Uncut”, purtroppo mai pubblicata in Italia.

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  4. Complimenti vivissimi agli autori della recensione. Con cui concordo al 90% sul valore del film (la parte centrale, quella dell'estrazione dell'oro, mi ha un po' annoiato). Complimenti anche per aver sottolineato dettagli che mi hanno molto colpito (es: la qualità del doppiaggio, o l'espressività di un solitamente simpatico quanto mediocre Hilton, ma che qui interpreta un personaggio difficile e rischioso, per un bello sciupafemmine come lui), ed avermi illuminato sulla funzione delle gocce che riempiono il recipiente (quando vidi quelle inquadrature, pensai: ma che gli servirà, per raccogliere un po' d'acqua da bere?). Altra cosa con cui concordo: Rustichelli, "vecchio" ed invadente; musiche allora di moda (Morricone/Nicolai ecc.) secondo me avrebbero giovato assai al risultato finale. Ma i primi 40 minuti e gli ultimi 20 restano tra i più belli abbia mai visto di un western italiano.

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  5. Grazie dei complimenti Fabio.
    Fa piacere che qualcuno commenti i vecchi post.

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