1967 Tempo di terrore o Tempo di uccidere (Welcome to Hard Times)
di Burt Kennedy con Henry Fonda, Janice Rule, Aldo Ray, Janis Pai, Keenan Wynn, John Anderson, Warren Oates, Denver Pyle, Lon Chaney Jr, Elisha Cook Jr., Edgar Buchanan, Royal Dano.
Ci siamo già imbattuti altre volte in Burt Kennedy. Grandissimo sceneggiatore di western aspri e affascinanti negli anni 50, tra cui cinque celebri titoli diretti da Budd Boetticher e un paio di non meno preziosi gioielli diretti da Gordon Douglas (L'urlo dei comanches e La guida indiana). Nel 1961 esordisce alla regia con I canadesi, bel racconto di foreste nordiche e giubbe rosse con cui sembra voler continuare il discorso fatto con Boetticher e Douglas.
Invece, incredibile a dirsi, Kennedy detestava i western che sceneggiava. Odiava la violenza e amava l'ironia, per cui per tutti gli anni 60 e 70 si specializzerà come regista in commedie western, dove a farla da padrona sarà la farsa più bonacciona e innocua. Parliamo di titoli non certo memorabili quali Il dito più veloce del West, L'infallibile pistolero strabico, Dingus: quello sporco individuo e Quel maledetto colpo al Rio Grande Express (l'ultimo suo western per il grande schermo e il migliore della serie, anche perché il meno umoristico). Film che a onor del vero in America riscuotevano anche un lusinghiero successo.
A nostro parere un enorme spreco di talento, perché le volte che invece faceva sul serio Kennedy ha dimostrato spesso di essere un regista non banale e parecchio originale, con film come La Texana e i fratelli Penitenza (a dispetto del cretinissimo titolo italiano un western serissimo), il notevole euro-western La spina dorsale del diavolo e una buona imitazione dei western urbani di Hawks come Appuntamento per una vendetta.
Ma il suo film più originale è senz'altro questo misconosciuto e dimenticato film del 1967 "Tempo di uccidere" (o "Tempo di terrore"). Film ambiguo fin dal titolo originale "Welcome to Hard Times" dove al significato letterale se ne aggiunge uno più specifico, dato che Hard Times è anche il nome del desolato paesino in cui si svolge tutto il film.
Il carattere inclassificabile della pellicola è ben evidenziato dai più disparati titoli che il film collezionerà in giro per il mondo: in Gran Bretagna è "Killer on a Horse" (titolo che riprende una delle scene più crude del film), in Francia è "Frontiere in fiamme" (Frontière en flammes), nei paesi di lingua tedesca è "L'incendiario dell'Arkansas" (Mordbrenner von Arkansas), per i finlandesi è "Lo straniero sta arrivando" (Muukalainen lähestyy), in Brasile diventa "L'uomo con la morte negli occhi" (O Homem Com a Morte nos Olhos), in Spagna "Una pallottola per il diavolo" (Una bala para el diablo).
In un minuscolo paese giunge un giorno uno straniero (Aldo Ray) che si rivela essere una vera furia della natura. Senza dire una parola, ridendo soltanto, l'uomo violenta, uccide, appicca un incendio che distrugge mezzo paese e se ne va. Il paesino semidistrutto viene abbandonato da tutti, tranne che dal sindaco (Henry Fonda), una prostituta violentata dallo straniero, il figlio dell'unico uomo del paese che aveva provato a reagire e un misteriso stregone indiano che fa le veci del dottore. Il paese si ripopola con l'arrivavo di un avido pappone e le sue quattro prostitute, il fratello gemello di uno dei vecchi abitanti e un becchino pistolero (Warren Oates). Ma passato l'inverno lo straniero ritorna...
Tratto da un romanzo di E.L. Doctorow è il western più ambizioso di Kennedy, dove riesce a fondere un suo personale discorso sulla violenza con quei suoi soliti ritratti di gente stravagante, la cui umanità nelle sue commedie veniva soffocata però dalla esigenze ridanciane. Pur mettendo in scena un west fangoso e disadorno, non è un film realistico. In tutta la pellicola si respira un'atmosfera strana e irreale, satura di presagi misteriosi. È un western unico nel suo genere, non più classico, non ancora crepuscolare, ma men che mai è influenzato dall'allora imperante western all'italiana. Le sequenze violente anticipano forse le sequenze più allucinate dei western di Clint Eastwood, mentre le parti più da commedia, con i continui e inaspettati scarti tra dramma e ironia, fanno pensare al Peckinpah de La ballata di Cable Houge, ma con un sottofondo molto più inquietante.
I primi venti minuti, con lo straniero che porta morte e distruzione nel paese in maniera imprevedibile e bestiale, culminanti con la visione infernale dell'incendio, sono un grandissimo pezzo di cinema. Poi il film diventa una stralunata commedia umana, popolata da personaggi dalle evidenti valenze metaforiche, ma che non diventano mai dei rigidi simboli, grazie alla salutare ambiguità delle caratterizzazioni e all'imprevedibilità della vicenda.
Tutto sembra costruito per arrivare al riscatto conclusivo della meschina umanità messa in scena, invece il finale è quanto di più spiazzante si possa immaginare, con la violenza che si rivela incontrollabile e i cui effetti saranno ancora più amari e devastanti della prima volta.
Memorabile l'inquietante straniero senza nome interpretato da un sanguigno Aldo Ray, che porta la rovina in autunno e riappare in primavera, quasi diventando l'incarnazione delle angosce della piccola comunità, che si sta sfaldando dopo non essere riuscita realmente a solidarizzare durante l'inverno (bellissima la sequenza della festa di Natale, in cui dopo un attimo di trovato senso di comunità tutti finiscono per passare la notte da soli). Lo straniero appare quindi come una sorta di punizione biblica. Inoltre la figura dell'energumeno feroce che senza motivo porta distruzione nei paesini isolati era un personaggio tipico del folklore americano ottocentesco.
Decisamente unico nel genere è anche il protagonista interpretato da un fragile Henry Fonda, un avvocato e sindaco dal nome emblematico: Blue. Un idealista tormentato e vigliacco, che pur in buona fede sbaglierà tutto fino alla fine, non solo incapace di proteggere e salvare chi gli sta a cuore, ma anzi artefice della tragedia finale.
Il film è popolato da tutta una serie di personaggi interpretati da un'eccezionale parata di alcuni dei più noti caratteristi americani di quegli anni. I nomi si possono leggere in cima a questo articolo e nella maggior parte dei casi diranno molto poco, ma le facce sono quelle famigliari a tutti gli appassionati di cinema americano.
L'unica nota negativa riguarda l'irritante e troppo convenzionale colonna sonora di Harry Sukman, che nei momenti di relativa calma sembra voler far passare il film per la solita gioviale commedia western di Kennedy. Fortunatamente più efficace (o non presente) nei momenti di tensione.
bel blog...venite su nonsoloci.blogspot.it
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