martedì 20 marzo 2012

Giulio Petroni 1 - Da uomo a uomo

GIULIO PETRONI
Il partigiano del West




Se Sergio Corbucci è stato spesso definito l'Anthony Mann degli spaghetti western, allora Giulio Petroni può essere definito il nostro Raoul Walsh. Insieme ai “tre Sergio” del nostro western (Leone, Sollima, Corbucci) è stato uno dei pochissimi autori ad aver quasi sempre lavorato con budget di tutto rispetto all'interno del genere. Nonostante questo è molto meno noto e apprezzato di quanto meriterebbe. Forse a nuocergli è stata l’eterogeneità dei suoi cinque western, girati tra il '67 e il '72, difficili da ricondurre ad una sola mano. Eppure almeno tre, forse quattro, di questi sono tra i migliori frutti del genere. Infatti dal perfetto western simil-Leone del primo si passa al western picaresco del secondo, dal tortilla western del terzo si passa all'inclassificabile western-noir del quarto, per concludere (un po’ tanto sottotono) con il western comico.

Attivo fin dalla fine degli anni '50, dirige alcune modeste commedie all'italiana di mestiere, per poi passare nella prima metà degli anni '60 alla Rai. Dopo il periodo western negli anni '70 dirigerà alcune poco riuscite pellicole erotico-satiriche, per poi ritirarsi.

Qui una delle sue ultime testimonianze: IL PARTIGIANO DEL WEST: INTERVISTA A GIULIO PETRONI


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1967 DA UOMO A UOMO di Giulio Petroni, con Lee Van Cleef, John Phillip Law, Luigi Pistilli, Anthony Dawson, Mario Brega, Carla Cassola, Giuseppe Castellano, Franco Balducci, Romano Puppo, Guglielmo Spoletini



Un autentico capolavoro.
Petroni sapeva davvero il fatto suo: usa con rara eleganza, senza mai eccedere, carrelli, dolly, pianosequenza e sfrutta la profondità di campo offerta dal formato scope con una maestria che va al di là della semplice professionalità. Altro che "artigiani del cinema", viene da dire; qui ci troviamo di fronte ad un grande regista, senza tanti giri di parole. Sceneggiatura solida, attori perfetti (un Lee Van Cleef dagli impensabili accenni di tenerezza, un John Philip Law dallo sguardo perennemente allucinato) e splendida fotografia fanno il resto. Da notare tra l'altro come Petroni alleggerisca costantemente il tutto con tocchi di squisita ironia (si pensi al modo in cui viene sdrammatizzata l''ecatombe finale). L'incipit dall'atmosfera e dai dettagli degni di un thriller va di diritto tra le sequenze più entusiasmanti del western italiano.

Il film è anche una riuscita variazione dei classici di Sergio Leone, soprattutto Per qualche dollaro in più, con il rapporto padre-figlio tra John Phillip Law e Lee Van Cleef similare a quello tra Eastwood e Van Cleef nel secondo capitolo della Trilogia del Dollaro.
I punti di contatto non si fermano qui: oltre a Van Cleef nella parte del vecchio pistolero disilluso, ci sono anche altri attori leoniani come Luigi Pistilli e Mario Brega, i grandi set dell’Almeria, l’uso narrativo delle musiche di Morricone, i flashback virati a tinte rosse, la rapina alla banca, lo scontro finale nella missione abbandonata con l’eliminazione dei banditi uno ad uno. La sceneggiatura è non a caso di Luciano Vincenzoni, che ha firmato anche i copioni di Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo.
Le stesse sequenze d’azione con i personaggi sempre al centro dell’inquadratura e il panorama spagnolo ingigantito dal techniscope sullo sfondo sono puramente “leoniane”, come il tema della vendetta con la spietata uccisione dei nemici uno dopo l’altro, a cui viene però viene aggiunta l’inedita sfida finale tra i due protagonisti, quando apparirà evidente che anche Van Cleef è stato uno dei membri della banda ed era presente nella notte del massacro.


L’inizio violentissimo e quasi horror nella notte di tempesta, con l’omicidio del padre del protagonista e lo stupro della madre e della sorella, è uno straordinario pezzo di cinema che ha lasciato l’impronta anche su altri film. Probabilmente ispirato a Notte senza fine di Raoul Walsh (soprattutto il particolare degli speroni), è stato a sua volta “citato” da Quentin Tarantino nel pezzo anime di Kill Bill vol. 1. Per lo stesso film Tarantino si appropriò anche della monumentale colonna sonora di Morricone usata come contrappunto della resa dei conti tra la Sposa e O-Ren Ishii (Uma Thurman e Lucy Liu).


Nel suo Dizionario del western all'italiana Marco Giusti sostiene che la canzone Death rides a horse si sente solo sul disco, mentre nel film compare la versione strumentale, ma nella copia da noi visionata (che tra l’altro presentava i primi minuti in inglese sottotitolati in italiano) c’è anche il cantato.

Paolo D'Andrea e Mauro Mihich

3 commenti:

  1. Faccio il solito copia e incolla di cose già scritte...

    Se Corbucci è il Mann degli spaghetti western, allora Giulio Petroni è il Raoul Walsh!
    Messo in ombra dai “tre Sergio”, è uno dei pochi autori del genere ad aver quasi sempre lavorato con budget di tutto rispetto.
    Molto meno noto di quanto meriterebbe. Forse gli ha nociuto l’eterogeneità dei suoi cinque western girati tra il '67 e il '72, nonostante almeno tre, forse quattro, di questi siano tra i migliori del genere. Infatti dal perfetto western simil-Leone del primo si passa al western leggero di Giuliano Gemma del secondo, dal tortilla western del terzo all'inclassificabile western-noir del quarto, per concludere (un po’ tanto sottotono) con il western comico di “Provvidenza”.

    Attivo fin dalla fine degli anni '50, dirige alcune modeste commedie all'italiana di mestiere, per poi passare nella prima metà degli anni '60 alla Rai. Dopo il periodo western negli anni '70 dirigerà alcune poco riuscite pellicole erotico-satiriche, per poi ritirarsi.

    "Da uomo a uomo" è uno dei più bei western spaghetti extra-Leone, quasi un quarto capitolo apocrifo della trilogia del dollaro. Anche uno dei più influenti, dato che l’inizio con il protagonista bambino e il “colpo di scena” finale verranno ripresi fino alla nausea in centinaia di altri pellicole. Petroni imita Leone, ma lo fa con una tal padronanza di stile che è forse l’unico regista che in quanto a finezza tecnica può essere messo in confronto col Maestro. Come in tutti gli altri suoi western c’è una sorta di malinconia e tristezza di fondo e una cura nel disegno dei personaggi assolutamente insolita per il genere. Se Lee Van Cleef è il solito ineguagliato totem, non da meno gli è John Philip Law, glaciale emulo di Clint Eastwood con in più una vaga aria infantile, perfetta per il personaggio rimasto bloccato ad un trauma infantile.

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  2. Tommaso, ho usato il tuo post come "cappello introduttivo" che un gigante (almeno in ambito spaghetti-western) come Petroni si merita tutto...

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  3. Ok.
    Ho corretto un po' per rendere l'introduzione un po' più "ufficiale".

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