martedì 19 marzo 2013
i film - O' Cangaceiro
1969 O’ CANGACEIRO
di Giovanni Fago, con Tomas Milian, Ugo Pagliai, Renato Rossini, Eduardo Fajardo, Leo Anchóriz, Jesús Guzmán, Alfredo Santa Cruz, Claudio Scarchilli, Quinto Gambi, Mário Gusmão
Brasile, 1920. Espedito, giovane agricoltore unico sopravvissuto a un massacro compiuto da un sadico colonnello, dopo essersi autonominato Il Redentore forma un proprio gruppo di banditi rivoluzionari (cangaceiros), ma non capendo i giochi del potere è vittima del doppio gioco del governatore locale.
Tecnicamente non è un western in senso stretto, ma una specie di Tortilla Western ambientato nel Sertão – una regione del Nordest del Brasile teatro nella prima metà del 20° secolo di una ribellione banditesca contro lo strapotere dei latifondisti–, sempre con i soldati, ma con i cangaceiros al posto dei rivoluzionari messicani.
Il film nasce evidentemente con delle ambizioni e anche con un budget di tutto rispetto, almeno a giudicare dagli esterni a Bahia e dai nomi coinvolti, tra i quali lo storico sceneggiatore felliniano Bernardino Zapponi.
La regia è affidata a Giovanni Fago, uno dei numerosi registi attivi nella lunga stagione del western italiano ora ingiustamente misconosciuti e di cui è anche difficile reperire informazioni che non siano brevi note biografiche. Fago, nato a Roma nel 1931, diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia e aiuto-regista negli anni sessanta per tra gli altri Monicelli, De Sica, Pontecorvo e Rossellini, aveva esordito come regista l’anno precedente con ben due western, il notevolissimo Per 100.000 dollari t’ammazzo e l’introvabile Uno di più all’inferno, ma dopo questo terzo film, che concluderà la sua carriera western, si dedicò prevalentemente a lavori per la televisione e a sceneggiature per altri registi. Il suo ultimo film, Pontormo - Un amore eretico, è del 2004.
Purtroppo a differenza di Per 100.000 dollari t’ammazzo, che era un western di prim’ordine, in questa pellicola non funziona quasi niente. Probabilmente il “problema” principale del film è Tomas Milian, che costruisce in totale autonomia il suo personaggio di redentore-rivoluzionario, doppiandosi da solo con un assurdo idioma ispano-portoghese-romano e andando in overacting con la sua recitazione istrionica, ottenendo come risultato una specie di protoMonnezza zazzeruto e parolacciaro, non molto in linea con la serietà degli intenti.
Anche il film appare male amalgamato, procedendo più come una serie di scene scollegate tra di loro che come un’opera unitaria, forse per la sceneggiatura non molto a fuoco o per qualche taglio effettuato dalla produzione per mantenere la pellicola nella durata canonica di un’ora e mezza.
Sono assolutamente notevoli, però, la fotografia dello spagnolo Alejandro Ulloa, i costumi dei cangaceiros e la colonna sonora di Riz Ortolani, che riprende temi tradizionali brasiliani, come la canzone “Olé Mulher Rendeira”, che non potrà non far provare un déjà vu ai lettori dei fumetti di Mister No.
Come in ogni Tortilla Western che si rispetti c’è anche l’europeo dandy che fa il doppio gioco, interpretato da Ugo Pagliai, purtroppo abbastanza improponibile, e il messaggio populista, che in questo caso è anche decisamente anticlericale.
Non manca nemmeno Eduardo Fajardo, che ovviamente fa il viscido e corrotto governatore.
Il momento migliore del film è il duello con il machete tra Milian e il cangaceiro negro (doppiato da Glauco Onorato), ripreso probabilmente da Il Dio nero e il diavolo biondo di Glauber Rocha, preannunciato dalla tipica battuta western “il machete è più lungo della mano, ma il fucile è più lungo del machete”.
Alcuni veri film di cangaceiros brasiliani, in ogni modo, erano arrivati anche in Italia, rimontati e rimusicati per tentare di essere spacciati per degli spaghetti western nostrani, come O' Cabeleira di Milton Amaral (rititolato per l’occasione Se incontri Sjango cercati un posto per morire) e addirittura il celebre Antonio Das Mortes dello stesso Rocha (che non appena si accorse dell’operazione compiuta alle sue spalle fece immediatamente ritirare il film dalle sale).
Il cosiddetto Cinema novo brasiliano e in particolare lo pseudo-western tropicale e neolatino di Glauber Rocha, del resto, presentavano diversi spunti tematici in comune con lo spaghetti-western rivoluzionario e inoltre, sul finire degli anni sessanta, sempre in Brasile nacque una corrente di western – o meglio faroestes – autoctoni, ispirati nei tratti stilistici a quelli italiani, ma ben più spinti in fatto di erotismo e violenza, i cosiddetti Western Feijoada o bangue-bangues, sui quali torneremo.
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Questo ancora mi manca.
RispondiEliminaInvece "Uno di più all’inferno" l'ho visto, carino e fatto bene, sul versante alla Giuliano Gemma del genere. Magari per completare il discorso su Fago in questi giorni ci scrivo un post.