martedì 5 marzo 2013
i film - Shango la pistola infallibile
1970 SHANGO LA PISTOLA INFALLIBILE
di Edoardo Mulargia con Anthony Steffen, Eduardo Fajardo, Maurice Poli, Barbara Nelli, Giusva Fioravanti, Gabriella Giorgelli
Shango fa rima con Django naturalmente, ma se vogliamo è anche il nome di uno spirito della tradizione vudù. Però il Shango di questo film (il solito marmoreo Steffen, nel bene e nel male - qui doppiato in maniera curiosa) non ha nulla di demoniaco, anzi è un normale ranger fin troppo ligio al dovere, che si trova a dover guidare la resistenza dei peones in un paesino angariato da una banda di sudisti e bandoleros. I sudisti sono guidati dal bastardissimo Eduardo Fajardo (il cattivo di "Django", guarda caso), che tiene nascosto ai suoi uomini che la guerra è finita da un pezzo. Non si capisce bene perché per tre quarti di film Shango si dia alla macchia organizzando i peones, visto che alla fine tocca sempre solo a lui far fuori i cattivi a carrettate.
Western naif, potabile e ben fatto, non era così scontato se si considera che è diretto dal poco affidabile Edoardo Mulargia. Probabilmente, potendo contare per una volta su un budget non da morti di fame come i suoi soliti, il regista ha potuto permettersi un po' più di cura nel fare il suo lavoro e persino un minimo di ambizioni, pur senza uguagliare il suo miglior risultato. O forse, come spesso accadeva nel cinema di genere, alcuni elementi di pregio nobilitavano tutto l'insieme. In questo caso i pregi sono una fotografia di grande effetto, livida e invernale, che immerge la storia in un' atmosfera triste e uggiosa (doveva fare un freddo cane durante le riprese, a giudicare dai grandi sbuffi di alito), una colonna sonora bella e suggestiva, più da thriller che da western, un montaggio efficace, interpreti con la facce giuste al posto giusto.
Ma soprattutto il film può contare su una forte idea di fondo: la vicenda rimanda in maniera evidente alla Repubblica di Salò, alla resistenza partigiana, alle rappresaglie naziste e fasciste, ammantando il tutto di un alone più sinistro e concreto.
I punti deboli sono una trama scheletrica, personaggi che ogni tanto fanno cose assurde e soprattutto dei dialoghi decisamente alla buona, con roboanti massime sulla libertà e uno svarione epocale, ripetuto per ben due volte: i sudisti parlano di se stessi come dell'esercito dell'Unione! Da non credere alle proprie orecchie.
Bello l'inizio allucinato e vagamente psichedelico, che salta ogni preambolo e vede Shango già fatto prigioniero e rinchiuso in una gabbia sospesa. Le stesse soluzioni visive vengono poi riprese nell'altrettanto allucinata resa dei conti finale, dove flashback e allucinazioni si mescolano alla realtà.
Un film dove si ammazza parecchio e Shango, un po' precursore di Rambo, si prodiga in divertenti e fantasiosi ammazzamenti per sfoltire le file del nemico. In generale notevole la carica di crudeltà, con anche donne e bambini ammazzati come cani. Anche il bambino che all'inizio salva Shango ci rimette poi la pelle, ma visto che è interpretato dal futuro terrorista nero e pluriassassino Giusva Fioravanti (oggi tranquillamente a piede libero nonostante il non pentimento e i molti ergastoli) è difficile dispiacersene più di tanto.
Sgangherato e sfilacciato come saranno poi molti western all'italiana negli anni 70, ma con uno suo fascino e un'atmosfera che lascia il segno. Da riscoprire, se non proprio da rivalutare.
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