martedì 16 aprile 2013
i film - El Condor
Vedendo o rivedendo i film per mettere insieme questa rassegna salta agli occhi una cosa abbastanza sorprendente rispetto al luogo comune più ricorrente su questi titoli: agli americani non interessava per nulla replicare i western all'italiana. Eppure ancora oggi un po' ovunque questi film vengono considerati dei tentativi di imitazione hollywoodiana dei modelli italiani. E come tali in genere vengono mal giudicati. Ad esempio un film come El Condor è sempre stato bollato (anche da chi scrive) come un poco lucido tentativo di spaghetti western americano, ma rivedendolo con la testa sgombra dal luogo comune ci si accorge che è semplicemente un paragone che non ha motivo di essere fatto. Pur subendo l'ovvia influenza degli scapestrati "cugini" italiani, erano western autonomi nello stile, nei temi e nei personaggi proposti, le cui vere influenze vanno ricercate piuttosto in film di guerra come "Quella sporca dozzina" e i film di James Bond.
1970 El Condor
di John Guillermin con Jim Brown, Lee Van Cleef, Patrick O'Neal, Marianna Hill, Iron Eyes Cody, Imogen Hassall, Elisha Cook Jr.
Un evaso e un balordo si mettono in società con una tribù di apache per assaltare la leggendaria fortezza di El Condor, nascosta nel deserto a protezione di un incredibile tesoro. A presidiarla c'è un esercito guidato da un ufficiale sadico che darà loro filo da torcere. Alla fine sarà un massacro e l'oro darà alla testa a qualcuno.
Truffaldino l'adattamento italiano, che cambia il nome della fortezza in El Diablo e pretende che l'El Condor del titolo sia il personaggio di Lee Van Cleef, che in realtà si chiama Jaroo Lee ed è tutto un altro tipo di personaggio. Lee Van Cleef fu la prima ed unica icona degli "spaghetti" che venne integrata come protagonista nei western americani girati in Almeria. Il film segnò una svolta nella carriera dell'attore, dato che negli anni 70 si era messo in testa - chissà perché - di interpretare personaggi più ironici e sopra le righe di quelli lugubri che avevano fatto la sua fortuna nel decennio precedente. Qui infatti interpreta curiosamente un personaggio "alla Tuco". Anzi, si può proprio dire che rifà Tuco tale e quale, dato che le movenze, il carattere e gli indumenti straccioni sono esattamente gli stessi del personaggio reso celebre dal faccione di Eli Wallach. Con il suo aspetto arcigno Lee Van Cleef più che un simpatico cialtrone sembra una specie di faina disperata e non funziona certo allo stesso modo di Wallach, ma dimostra almeno di essere un vero attore, anche se poi ovviamente esce meglio nei momenti drammatici, come nel bel finale. Preferibile comunque con la sua voce originale, dato che il doppiaggio italiano gli appioppa il tono grave e da duro della voce di Renato Turi, fuori luogo per un personaggio picaresco di quel tipo.
Interessante il personaggio dell'evaso, mosso da un misto di avidità e di rivalsa sociale, interpretato da un imponente Jim Brown. Il divo del film è lui e infatti il futuro regista di horror Larry Cohen (che aveva già scritto Il ritorno dei magnifici sette) scrive una specie di replica meno brillante, ma altrettanto divertente, di El Verdugo. La situazione di base è quasi la stessa, con la stessa miscela tra buddy movie e film d'azione, la stessa violenza caotica, un finale altrettanto amaro e un trio di protagonisti molto simile. Come personaggio femminile al posto di Rachel Welch c'è la meno esplosiva, ma comunque più che apprezzabile Mariana Hill. E se in "El Verdugo" c'era la prima scena di sesso tra un nero e una bianca, qui abbiamo probabilmente il primo nudo integrale in un western hollywoodiano di serie A, con la Hill che fa lo spogliarello davanti ad una finestra per distrarre le sentinelle. Notevole la miscela tra erotismo e violenza anche nella sequenza in cui i protagonisti fanno strage dei militari che si sono appartati con le donne di un villaggio (con tanto di scenetta al limite dell'omofobia: Lee Van Cleef sorprende due militari a letto insieme e li ammazza con un ghigno compiaciuto).
Specializzato in prodotti ad alto budget e a bassa personalità, John Guillermin ("L’inferno di cristallo" il film più degno di nota della sua carriera) non vale il Tom Gries di "El Verdugo". Governa bene le scene di battaglia, ma ha la mano pesante su quelle ironiche. Non gli riesce quindi un altrettanto efficace mix tra realismo violento e leggerezza avventurosa, spostano il tutto verso una spettacolarità più esagerata e inverosimile.
Il film è comunque parecchio divertente e particolarmente ricco, pieno com'è di esplosioni e di generose acrobazie degli stuntman, come nella spettacolare strage conclusiva. Pur privo del sadismo degli spaghetti western è una pellicola piuttosto violenta e dal body count elevato.
Se l'influenza degli spaghetti western tutto sommato si ferma al personaggio di Lee Van Cleef, si nota quella molto più decisiva dei film di James Bond, da cui provengono trovate come l'iperbolico e surreale deposito dell'oro, a cui si accede da un passaggio segreto, o scene come quella degli apache che scalano le mura del forte, servendosi di improbabili aggeggi e rampini. Ma l'ombra dei film di 007 si avverte su un po' tutte le scene all'interno del forte, anche per l'importanza data alla scenografia. E infatti la bellissima e gigantesca fortezza costruita appositamente per il film è centrale nella pellicola, tanto da meritarsi di essere celebrata fin dal titolo (doppiaggio italiano permettendo). Poi sfruttata per molti altri film, fino ad arrivare al fantasy di "Conan il barbaro" di Milius, El Condor sembra una specie di fortezza bizantina trapiantata nel deserto messicano, il cui aspetto esotico da un tocco originale a tutta la vicenda. Da italiani l'impressione è quasi che Jim Brown, Lee Van Cleef e gli apache mettano a ferro e fuoco la Fortezza Bastiani de "Il deserto dei Tartari".
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Delle produzioni americane in Almeria bisogna dire che avevano a disposizione dei budget che quelle italiane, Leone a parte, non si potevano nemmeno sognare: per questo film gli americani fecero addirittura costruire una fortezza in piena regola, che dopo essere stata teatro di molti altri western (ricordo in particolare “Una ragione per vivere e una per morire” e “Blindman”) non è stata purtroppo preservata e oggi ne rimane solo qualche rovina...
RispondiEliminabella recensione. Complimenti!
RispondiEliminaThis was a lovely blogg post
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