sabato 27 aprile 2013
i film - I tre del mazzo selvaggio (Pancho Villa)
Il 1972 per il western italiano è un anno di delirio autodistruttivo, con decine di ignobili western "fagioli" che vanno a intasare le sale. Ben presto, nauseato, il grande pubblico girerà per sempre le spalle al genere. Oltreoceano per il western crepuscolare americano è invece ancora tempo di capolavori e grandi film, ma che raramente ottengono significativi riscontri commerciali. In questo scenario di decadenza imminente per tutto il genere, iniziano a venir meno l'interesse per le coproduzioni hollywoodiane in Spagna: solo due.
La prima è un gioiello di cui abbiamo già scritto: Hannie Caulder di Burt Kennedy, in Italia scelleratamente intitolato La texana e i fratelli Penitenza (giusto per dire l'aria che tirava). Partendo da uno spunto di puro sensazionalismo exploitation, è un rape & revenge incredibilmente poetico e rarefatto, unico nel suo genere, in riuscito equilibrio tra la stilizzazione "pop" dei western spaghetti e la concretezza dei western americani. Amalgama riuscito così bene solo al sottovalutato Kennedy.
1972 I tre del mazzo selvaggio (Pancho Villa)
di Gene Martìn. Con Telly Savalas, Clint Walker, Chuck Connors, Anne Francis, José María Prada
Dopo che dei trafficanti d'armi americani hanno tentato di fregarlo, Pancho Villa decide di invadere a suo modo gli Stati Uniti. Sarà "The only man to invade the U.S.A", come recitava la frase di lancio del poster americano.
Un altro triste segno della volgarità dei tempi il titolo italiano, ebete e insensato (i "tre" non sono un "mazzo" né altro, visto che Chuck Connors fa un personaggio secondario che non compare neanche mai in scena con gli altri due), per un film che chiude la stagione dei western di ambientazione rivoluzionaria girati in Spagna dagli americani, iniziata quattro anni prima sempre con un film su Villa, Viva! Viva Villa!. Attori principali, sceneggiatura originale e buona parte dei soldi sono ancora americani, ma per il resto il film è spagnolo, a cominciare dal regista Eugenio "Gene" Martìn, che si era fatto le ossa come aiuto regista proprio nelle grosse produzioni americane girate in Spagna nei primi anni 60. Martìn sei anni prima aveva diretto un bellissimo western spaghetti tradizionale come The Bounty Killer, poi nel '71 il pessimo E continuavano a fregarsi il milione di dollari, infine questo rivoluzionario picaresco. Tre film totalmente diversi, che non sembrano minimamente girati dalla stessa mano.
Più simpatico e spigliato della versione con Brynner, è un film piacevole, ma la storia gira completamente a vuoto. Non è nulla più di un lungo aneddoto picaresco, dove non c'è alcun reale sviluppo narrativo, quasi fosse l'episodio di un telefilm di cui già si conoscono i personaggi e si sa che torneranno in un episodio successivo. Il film vive delle mattane del personaggio di Villa, interpretato da un prevedibilmente straripante Savalas, che si mangia tutto il film gigioneggiando senza freni. Dosi abbondanti di humour nero nelle scene in cui, con il suo consueto sorriso serafico, accoppa a sangue freddo qualcuno personalmente o lo fa fucilare. In una scena getta una sua amante nuda dalla finestra, in un'altra fa la sceneggiata fingendosi moribondo per scoprire dei traditori e alla fine guida personalmente un treno per andare a schiantarsi contro un altro treno. Il film tira avanti così, tra scene madri e scenette più o meno riuscite. Pur partendo da fatti reali, fortunatamente il film non ha nessuna pretesa storica, proponendosi come una allegra cialtronata dalla prima all'ultima scena.
Tutto sommato la parte più interessante del film è la prima, non non a caso la più seria, quella più puntata sulle scene d'azione (molto buone tutte le sparatorie del film, girate con uno stile particolare, brusco ed energico) e dove il vero protagonista è il braccio destro americano di Pancho Villa, uno statuario ed ancora efficace Clint Walker, che deve andare in America a recuperare le armi, ma i venditori che hanno già intascato i soldi tentano di ucciderlo. È un personaggio un po' alla Corto Maltese, un avventuriero con berretto e giubba da marinaio nel Messico rivoluzionario.
Per la prima ed ultima volta, per quanto riguarda questo filone di film, è invertito il classico rapporto tra Stati Uniti e Messico. Qui è il territorio americano il territorio ostile che deve essere invaso ed espugnato dai protagonisti, anche se il tutto è giocato sui toni della commedia e della satira. Satira che non va per il sottile, soprattutto nel descrivere l'esercito americano come una banda di perfetti idioti. Ma anche apprezzandone i toni caustici, c'è da dire che non funzionano per niente le (per fortuna) poche scene con Chuck Connors nella parte di un generale americano imbecille, visto che le gag di cui è protagonista sono ai livelli di un film con Ciccio e Ingrassia.
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