giovedì 11 aprile 2013
i film - Viva! Viva Villa!
Il primo dei western americani girati in Spagna a sfondo rivoluzionario. Quella di questi film sarà quasi sempre una rivoluzione vista solo come spunto avventuroso, al massimo celebrata per l'impeto vitale e per generici ideali di rivalsa sociale, ma priva dei contenuti politici, le problematiche e gli agganci alla contestazione studentesca dei coevi tortilla western italiani.
1968 Viva! Viva Villa! (Villa Rides)
di Buzz Kulik. Con Yul Brynner, Robert Mitchum, Charles Bronson, Maria Grazia Buccella, Herbert Lom, Robert Viharo, Frank Wolff, Fernando Rey, Jill Ireland
Un pilota americano e il suo biplano vengono arruolati loro malgrado nella rivoluzione portata avanti da Pancho Villa e il suo esercito di (in questo film) canaglie. L'aereo diventerà un'arma risolutrice nelle battaglie e l'americano finirà farsi contagiare dall'entusiasmo rivoluzionario, simpatizzando con Villa e condividendone i rovesci di fortuna, finendo anche in galera con lui.
A dispetto di quanto si legge in giro, questa del tutto fantasiosa versione delle gesta di Pancho Villa non ha assolutamente nulla degli spaghetti western. È piuttosto un kolossal ispirato ai film di David Lean, con personaggi bigger than life e maestose sequenze di battaglia che vedono in scena centinaia di comparse e di cavalli. Quindi niente di più lontano dal pauperismo dei western all'italiana e i suoi assassini solitari.
"Viva! Viva Villa!" rappresenta soprattutto una clamorosa occasione mancata per il western euro-americano, visto che a dirigerlo inizialmente era stato chiamato addirittura Sam Peckinpah, che ne aveva scritto la sceneggiatura, ma venne licenziato pare per i capricci del divo Brynner e la sua sceneggiatura venne riscritta da Robert Towne, futuro sceneggiatore cardine della New Hollywood anni 70. Riscrittura che deve essere stata radicale, perché nel film non si trova alcuna traccia della visione di Peckinpah, che si può ipotizzare possa aver travasato qualcosa del "suo" Villa nella figura del generale Mapache de Il mucchio selvaggio, che dirigerà l'anno dopo.
La fedeltà storica non è neanche lontanamente presa in considerazione e i luoghi comuni su messicani e cultura latina sono sparsi a piene mani e senza risparmio. La rivoluzione è messa in scena come un dato folkloristico quanto la cucaracha e i sombreri, con i rivoluzionari e le forze reazionarie messe sullo stesso piano. Villa e i suoi sono fin da subito mostrati infatti come delle ciniche carogne, capaci di temporeggiare opportunisticamente mentre i militari per rappresaglia impiccano dei loro simpatizzanti. Ma la pellicola non mette in campo nessuna teoria politica, la rivoluzione è dipinta come una gigantesca fiesta di morte, un'avventura canagliesca dove trionfano ardimento e virilità (Villa sposa una donna in ogni paese che conquista). Nonostante una regia anonima e una storia che gira un po' a vuoto, il film scorre bene e diverte per una buona parte delle sue due ore abbondanti, tra abbondanti e rutilanti scene d'azione, battaglie indiscutibilmente spettacolari e colorati e cialtroneschi intermezzi folcloristici. Il tutto condito con un'abbondante e salutare dose d'ironia. Si ingolfa invece nei momenti più teatrali, come quando Villa scopre l'inerzia della politica andando a trovare il Presidente Madero o quando quasi intimorisce con il suo carisma il plotone d'esecuzione che dovrebbe fucilarlo. L'anticlimax finale, che si spinge fino ai toni della commedia, è anche divertente, ma fin troppo all'acqua di rose.
Yul Brynner logicamente fa la prima donna, ma bisogna dire con un certo criterio e senza strafare, anche quando la sceneggiatura tende al plateale. Il suo è un Villa sanguigno e piratesco, che sembra far la rivoluzione più per spirito romanzesco che per un qualche ideale. Robert Mitchum nei panni dell'uomo qualsiasi travolto dalla situazione è sprecato e in ogni caso un po' troppo vecchio, il che non gli impedisce comunque di spupazzarsi a più riprese una seducente Maria Grazia Buccella, bella orfana messicana. A rubare la scena a tutti, grazie anche ad un' immagine molto più moderna e nuova di quella dei "vecchi" divi Mitchum e Brynner, è Charles Bronson (che subito dopo interpreterà C'era una volta il West), irresistibile nei panni di Fierro, glaciale luogotenente di Villa, assassino indolente e specializzato nel massacrare i prigionieri. Le sequenze in cui si diverte a sparare a sangue freddo ai prigionieri inermi sono notevoli esempi di umorismo nerissimo.
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Bronson a parte, non ne ho un buon ricordo. Come film sulla rivoluzione messicana mi è sempre sembrato tronfio e ingessato. Da questo punto di vista i coevi Tortilla Western italiani erano avanti anni luce. Peckinpah ovviamente ne parlava malissimo e sosteneva che Brynner del Messico non aveva capito niente...
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