ANTONIO MARGHERITI
Ombre sulla frontiera
Parte II
1974 LÀ DOVE NON BATTE IL SOLE di Antonio Margheriti. Con Lee Van Cleef, Lo Lieh, Karen Yen, Patty Shepard, Femi Benussi.
«Kung-fu western - o soja western, come lo definisce il Giusti nel suo dizionario - che mette assieme la star degli spaghetti Lee Van Cleef e quella dei gongfu movies cinesi Lo Lieh - l’interprete di Cinque dita di violenza (1972) -, in una bizzarra produzione mista italo-americano-hongkonghese, con addirittura l’intervento del famoso Studio Shaw.
Le stramberie non si fermano qui, ma si estendono anche alla trama, che vede i due protagonisti alla ricerca di un tesoro per mezzo di una mappa tatuata sul fondoschiena di quattro peripatetiche – i culi sono quelli di Erika Blanc, Femi Benussi, Patty Shepard e Karen Yeh e sono di gran lunga la cosa migliore del film – da cui il geniale titolo italiano.
Purtroppo nonostante l’ottimo budget e un regista professionale ed esperto come Antonio Margheriti, che si firma con l’abituale pseudonimo di Anthony M. Dawson, il film è una patacca di proporzioni colossali e le cose che funzionano sono veramente poche: il ritmo è soporifero in maniera quasi mortifera, i dialoghi che vorrebbero essere brillanti spesso e volentieri fanno venire il latte alle ginocchia, le quattro starlette non sono assolutamente sfruttate come meriterebbero, l’audace commistione tra commedia e violenza - con effetti splatter anche particolarmente sanguinosi - non funziona per niente, anzi in piú di un’occasione stride di brutto, i personaggi sono tutti variamente ridicoli, grotteschi e fuori posto e il finale con Lee Van Cleef vestito da mandarino che si accinge a fare il giro della Cina è semplicemente terribile.
Da salvare l’interpretazione in bilico tra serietà e ironia di un Van Cleef in ottima forma, che si sbatte per quattro tra sparatorie e inseguimenti e che nel finale, dove impugna la gatling a torso nudo, sfoggia un fisico ancora asciutto e invidiabile all’età di cinquant’anni.
Sulla contaminazione western-arti marziali aveva fatto decisamente di meglio Mario Caiano con Il mio nome è Shanghai Joe.» (M. M.)
1975 LA PAROLA DI UN FUORILEGGE... È LEGGE! di Antonio Margheriti. Con Lee Van Cleef, Jim Brown, Fred Williamson, Catherine Spaak, Jim Kelly.
«Altro western “contaminato” di Margheriti - a dimostrazione che alla metà degli anni Settanta il genere si stava ormai perdendo in mille rivoli -, stavolta addirittura con la blaxploitation.
Di produzione quasi interamente americana - addirittura della 20th Century Fox - il film è stato costruito per sfruttare il grosso successo commerciale di cui godevano al tempo, soprattutto presso il pubblico afroamericano, attori di colore come Jim Brown, Fred Williamson e Jim Kelly, che vengono affiancati per l’occasione da un Lee Van Cleef che pare mummificato, con un incredibile parrucchino e un’unica espressione facciale per tutto il film.
Oltre a loro il resto del cast conta vecchie glorie hollywoodiane come Harry Carey Jr., Dana Andrews e Barry Sullivan, e anche la nostra Catherine Spaak, un po’ sciupata ma ancora notevole.
Il film purtroppo soffre, anche se forse in misura leggermente minore, degli stessi difetti del precedente Là dove non batte il sole: le varie scene non appaiono ben legate tra di loro tanto che la coerenza narrativa va presto a farsi benedire, molte “invenzioni” di sceneggiatura - come il trucco dei serpenti a sonagli - sono totalmente sballate e inverosimili, i dialoghi sono ampollosi e pallosi, il registro brillante e quello drammatico si sposano piuttosto male tra di loro, nessuno dei personaggi funziona molto bene - anche perchè Jim Brown come eroe buono alla John Wayne è totalmente inadeguato mentre Williamson che sarebbe molto piú efficace è un po’ limitato dal perenne sorriso che ha stampato sul viso - e il finale, infine, è completamente folle: in pratica a seguito di un’esplosione in mezzo al deserto si aprono d’improvviso le cascate del Niagara.
Molto buona, però, la parte puramente action, con le scene acrobatiche e il lavoro degli stuntman coordinati dallo specialista Hal Needham, anche regista della seconda unità.
Bella ma un po’ monocorde anche la colonna sonora di Jerry Goldsmith e come sempre valida, anche se un po’ troppo luminosa, la fotografia di Riccardo Pallottini - grande operatore italiano che morì nel 1982 in un incidente aereo nelle Filippine proprio sul set di un altro film di Margheriti, Fuga dall’arcipelago maledetto.
La cosa piú curiosa e che più colpisce del film, però, è il fatto di essere girato interamente nelle Isole Canarie - si riconoscono immediatamente i selvaggi ambienti del Pico del Teide a Tenerife -, la cui origine vulcanica dona una strana conformazione e uno strano colore alle rocce a ai canyon, non rendendole forse adattissime come scenario per un western.» (M. M.)
1976 WHISKEY E FANTASMI di Antonio Margheriti. Con Tom Scott, Fred Harris, Maribel Martin, Francesco Ferracini, Ricardo Palacios.
Il mesto addio al genere di Margheriti è un pochissimo visto western comico-picaresco con incursioni nel soprannaturale, irrimediabilmente datato (probabilmente già alla sua uscita visto che l'epoca degli spaghetti, comici e non, era nel 1976 ormai bella che finita) e un poco avvilente. La trama vede un giovane e indolente scavezzacollo alla Trinità - che si diletta leggendo nientemeno che La vita è sogno di Calderón de la Barca - guadagnarsi da vivere spacciando una volgare purga per un miracoloso elisir, con conseguenti inevitabili gag scatologiche; dopo essere fuggito dai cittadini inferociti di un piccolo villaggio, finito per caso in un cimitero indiano il nostro entra in contatto col fantasma di Davy Crockett, che da allora in poi gli fungerà da amico e protettore, accompagnadolo in svariate ed improbabili peripezie sino allo scontato lieto fine.
Sceriffi che espletano le proprie funzioni fisiologiche nel bel mezzo della prateria, bandoleros messicani affetti da flatulenza, fantasmi beoni che fanno i dispetti, camerieri pasticcioni che si tirano le torte in faccia... Tanto per far capire il livello delle trovate comiche - le meno peggio sono copiate dai prototipi di successo, i due Trinità su tutti -, con ogni probabilità indigeste anche per un bimbo di dieci anni. La cosa sorprendente è che il film venne girato con un budget piú consistente della media - produzione di Carlo Ponti e distribuzione della United Artists (!) - e con collaboratori tecnici di tutto rispetto come l'ottimo direttore della fotografia Alejandro Ulloa: non fosse per questo e per la professionalità di Margheriti sarebbe qualcosa di assolutamente impresentabile. Cast modestissimo, a partire dai due cloni di Bud & Terence Alberto Terracina e Fernando Arrien.
Post numero 100: complimenti a noi!
RispondiElimina100!
RispondiEliminaBella monografia.
I western di Margheriti sono una mia grossa lacuna. Non ho visto i maggiori, "Joe l'implacabile" non mi sarei neanche ricordato di averlo visto non avessi riportato il mio commento e "La parola di fuorilegge è legge" l'avrò visto minimo venticinque anni fa.
Gran personaggio, un professionista che ha fatto cose interessanti in quasi tutti i generi è una vera rarità in Italia.