mercoledì 6 giugno 2012

le monografie 7 - Young Guns

Le Giovani Pistole degli anni 80

In un decennio in cui il western al cinema non era semplicemente fuori moda, come è ancora oggi, ma era visto come il genere cinematografico vecchio e sfigato per eccellenza, i due "Young Guns" furono l'unico serio tentativo di creare un brand western adatto al presunto gusto delle nuove generazioni. Ne uscì una di quelle operazioni che sembrano fatte apposta per scontentare tutti. Gli appassionati del genere infastiditi dal ringiovanimento coatto, i non appassionati annoiati da un film comunque ancora troppo legato ad un gusto classico. Infatti, almeno in Italia, i due film ancora oggi godono di una pessima fama e di una ancor più pessima fortuna critica. Eppure, rivendendoli a distanza di più di vent’anni…


1988 YOUNG GUNS
di Christopher Cain con Emilio Estevez, Kiefer Sutherland, Lou Diamond Phillips, Charlie Sheen, Dermot Mulroney, Casey Siemaszko, Terence Stamp, Jack Palance, Terry O'Quinn, Brian Keith

Ok, non è di sicuro Furia selvaggia e neanche ci va vicino ad esserlo, ma è molto meglio di quanto in genere si dica o di quanto venga in genere ricordato. Rivedendolo ci si accorge che c'è da sfatare soprattutto un luogo comune: la tanto criticata e spernacchiata patina giovanilista c'è, ma è gestita in modo sobrio e sensato. A cominciare dalla famigerata colonna sonora rockettara, che in realtà si limita a qualche schitarrata qui e là e al limitato fastidio di qualche raro ritmo plasticoso. Certo resta un film molto anni 80, un decennio la cui estetica faceva a pugni con il western, e sconta il fatto che doveva servire prima di tutto come passerella per giovani divi in erba, ma a conti fatti le concessioni al glamour ottantino sono davvero poche.


Dei personaggi viene piuttosto sottolineato il loro essere dei perdenti, dei disadattati preda degli eventi, che per gran parte del film girano a vuoto senza sapere cosa fare e dove andare. L'unico personaggio improbabile e un po' finto è quello del poetino innamorato di una ragazza cinese interpretato da Sutherland junior (chi l'avrebbe mai detto che di tutta la banda sarebbe stato l'unico ad affermarsi sul serio, grazie al telefilm "24"), gli altri sono tutti personaggi attendibili e sobri. Il Billy The Kid di Estevez in particolare, non solo non è particolarmente simpatico, ma anzi è descritto come un assassino infantile e psicotico. In generale, a differenza di molti western moderni con attori giovani, è evitata quella sensazione di star vedendo dei burini moderni travestiti da cowboys.


La regia del regista e produttore Christopher Cain (che dieci anni dopo tornerà al genere come autore del telefilm sui Magnifici Sette) non è niente male, riesce a gestire bene le scene di violenza e, quel che più importa, riesce a girare un western credibilmente moderno. Più che aggiornare, semplifica e spettacolarizza il filone crepuscolare del genere, anche grazie alla splendida fotografia dai colori seppiati, i realistici e credibili costumi, le belle scenografie e soprattutto l'intelligente e divagante sceneggiatura di John Fusco. Quest'ultimo, sempre da sceneggiatore, tenterà altri esperimenti di contaminazione del western con "Cuore di tuono", "Spirit" e "Hidalgo". In alcuni momenti il film si può dire che diventa persino bello. In sequenze di classe come quella della gelida uccisione del (presunto) traditore del gruppo, o la memorabile e spassosa scena in cui tutti protagonisti prendono il peyote, o quella dell'irresistibile apparizione dell'imperturbabile cacciatore di taglie interpretato da Brian "Zio Billy" Keith, che mette fuori combattimento mezza banda sparando da dentro un cesso. Notevole anche l'assedio finale, con punte ragguardevoli di panico e tensione. Di gusto discutibile il finale al rallentatore, ma con un tocco di amarezza e ingiustizia trionfante non indifferente.

Storicamente il film si concentra sulla cosiddetta guerra della Contea di Lincoln lasciando le fasi più celebri della vicenda di Billy The Kid al film successivo. Un defilatissimo Pat Garrett è interpretato da Patrick Wayne, figlio di tanto padre. Nel film successivo sarà sostituito dal più noto William Petersen.


1990 YOUNG GUNS II
di Geoff Murphy. Con Emilio Estevez, Christian Slater, Kiefer Sutherland, Lou Diamond Phillips, William Petersen

Il secondo capitolo invece si merita abbastanza la pessima fama che lo circonda. Non proprio brutto, ma assolutamente mediocre e molto meno riuscito del primo capitolo. Dall'anonimo e solido Cristopher Cain, si passa all'anonimo e pessimo Geoff Murphy (nel western farà relativamente meglio pochi anni dopo con L'ultimo fuorilegge). Il regista cade nell'errore che commetteranno poi altri suoi colleghi alle prese con il western negli anni 90, ovvero il tentare di rifarsi all'estetica degli spaghetti western. Quindi dal realismo spettacolare e color seppia del film precedente si passa ad un gratuito e coloratissimo sensazionalismo, tutto a base di ironia cinica, inquadrature strambe e sequenze ad effetto. Tutto materiale narrativo che misteriosamente gli americani non hanno mai saputo ben gestire in ambito western, soprattutto se a sfondo storico come questo. Ne esce il solito film insapore, troppo inamidato per avere lo scatto di uno "spaghetti" e troppo superficiale per essere preso come un western classico. Come non bastasse, il film nell'ultima mezz'ora affronta i momenti topici della storia di Billy The Kid, rimanendo inevitabilmente schiacciato nel confronto con i più illustri predecessori. La confezione resta comunque di lusso, a cominciare dalla bellissima la fotografia. Innocue le temute musiche di Bon Jovi, che per altro canta solo sui titoli di coda.


A livello di cast tornano i tre superstiti del film precedente e si aggiunge qualche nuovo arrivo, tra cui si segnala il ghignante Christian Slater: altra promessa star di Hollywood mai realmente mantenuta. Alla fine ci lasciano le penne un po' tutti: curioso caso di una serie cinematografica (non horror) incentrata quasi esclusivamente sulla morte, vera o presunta, di praticamente tutti suoi protagonisti. I personaggi perdono i tocchi di umanità del film precedente e diventano della sagome da tiro a segno. Estevez, parecchio imbolsito, trasforma il suo Billy in un mezzo ebete, scelta che può essere coraggiosa o fastidiosa a seconda dei gusti. C'è anche James Coburn che fa Chisum e un giovane e sconosciuto Viggo Mortensen fa il killer che accompagna Pat Garrett nella caccia.


La trama ripete stancamente la formula del film precedente, ma non sa ridare senso al girovagare senza meta dei personaggi, per cui per gran parte della sua durata il film gira a vuoto, con scene magari anche spettacolari e divertenti (l'assedio del bordello), ma fondamentalmente troppo slegate una dall'altra per appassionare. Inutile, fastidiosa e ridicola la cornice in stile "Piccolo Grande uomo", con un Billy sopravvissuto e novantenne che racconta la sua versione dei fatti. Inquietante l'ossessione che i giovani delinquenti di questi film sembrano provare per la fama, che sembrerebbe il vero motore delle loro azioni criminali.

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