1971 IL GIORNO DEI LUNGHI FUCILI (The Hunting Party) di Don Medford, con Oliver Reed, Gene Hackman, Candice Bergen, Simon Oakland, Mitch Ryan, L.Q. Jones, Francesca Tu
Notevole western inglese girato in Spagna, di grande violenza e sensazionalismo, diretto con mano pesante e senza molte sfumature dal regista televisivo americano Don Medford.
Pur avendo contribuito molto marginalmente, e soprattutto sul finire del filone, alla causa dell’Eurowestern bisogna dare atto alla cinematografia inglese di avere saputo produrre quasi sempre dei risultati di medio-alto livello e, particolare non disprezzabile, spesso più vicini al western americano crepuscolare che non allo spaghetti italiano (o meglio ancora operando un’interessante commistione tra le due “correnti”) e a Sam Peckinpah in particolare.
Il riferimento a Peckinpah è quello più immediato riguardo a The Hunting Party, sia a livello estetico, per l’iperrealismo delle scene di violenza, costruite come dei balletti di morte e con l'uso del classico montaggio sincopato e dei ralenty peckinpahiani, sia a livello tematico, per il ribaltamento dell’etica classica della frontiera, con i fuorilegge visti come ultimi rimasugli di un mondo ormai destinato alla scomparsa e sempre più basato sulla sopraffazione capitalistica.
Peccato che nel film, purtroppo, vi sia poca traccia della complessità tematica e della profondità psicologica dei grandi personaggi di Bloody Sam e che sembri costruito più che altro sull’esibizione sadica e compiaciuta di scene forti e ad effetto, sia di violenza che di sesso, con i rapporti con le donne basati unicamente sullo stupro, e strutturato piuttosto linearmente proprio come la battuta di caccia del titolo originale, in cui allo spettatore non resta che rimanere in attesa delle varie carneficine, realizzate benissimo e indubbiamente il pezzo forte del film.
Notevole punto debole, invece, è il protagonista Oliver Reed, che non ha ne’ il carisma ne’ il fisico (troppo appesantito dall’alcool) per sostenere la parte del capobanda in un film western e che in vari momenti scivola nel ridicolo. Candice Bergen, bellissima, è sacrificata in un ruolo banale e che non le consente molti toni di recitazione (la maestrina rapita e violentata che si innamora del suo carnefice). Gene Hackman, invece, tanto per cambiare si mangia il film sguazzando alla grande nella parte del mefistofelico e sanguinario allevatore, che si rivela ben peggiore dei rapitori a cui da la caccia, quasi un’anticipazione del perfido e sadico Little Boy de Gli spietati. C’è anche, in una parte secondaria, il grande caratterista peckinpahiano L.Q. Jones.
L’unica cosa italiana è la musica, lugubre ed epica, di Riz Ortolani.
Mauro Mihich
Anche l'anno successivo, 1972, Hackman fece la parte - seppur in un contesto moderno - dell'allevatore sadico e sanguinario nel notevole "Arma da taglio" di Michael Ritchie. Anche lì con enorme bravura.
RispondiEliminap.s: ieri sera per un impegno improvviso non sono riuscito a postare, l'avessi saputo vi avrei avvisato in anticipo, scusate.
Vero, me lo ricordo: un film d’azione molto violento (e con molte scene di nudo) con un ottimo Lee Marvin e soprattutto una giovanissima e bellissima Sissi Spacek al suo esordio. Hackman è magnifico sempre, ma nelle parti da "cattivo" si supera. Peccato abbia interpretato così pochi western (oltre a questo "Stringi i denti e a vai", "Gli spietati", "Geronimo", "Wyatt Earp" e "Pronti a morire") e soprattutto che si sia ritirato dalle scene.
RispondiEliminaHackman è in assoluto uno dei miei attori preferiti.
RispondiEliminaPiù che nei ruoli di cattivo lo adoro nel ruolo di loser in capolavori come "I temerari", "Il braccio violento della legge", "Lo spaventapasseri", e ovviamente ne "La conversazione" e "Bersaglio di notte".
Non mi dispiace sia andato in pensione considearato il livello medio del cinema americano degli ultimi anni.
Sempre dello stesso tipo suggerisco l'altrettanto riuscito "Macho Callahan" 1970 di Bernard L. Kowalski
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