LUCIO FULCI
Il western della crudeltà
Il western della crudeltà
Lucio Fulci nel corso della sua carriera ha saputo guadagnarsi un culto imperituro da parte degli appassionati dei film dell’orrore, che lo hanno omaggiato con pubblicazioni, siti internet e simpatici appellativi come Poeta del macabro o Godfather of gore. Ma se le pellicole horror-splatter sono indubbiamente quelle che hanno donato al regista notorietà internazionale e attenzione da parte della critica sarebbe ingiusto e colpevole tralasciare tutto il resto della sua produzione, che spazia senza soluzione di continuità dalla commedia al giallo, dal poliziesco al thriller, dal fantasy fino al western in un lungo e interessante percorso di decostruzione e scardinamento, tramite gli eccessi visivi e le sequenze viscerali e scioccanti, delle regole narrative e dei canoni consolidati del cinema popolare e che hanno fatto coniare per sé stesso dal regista l’indovinata definizione di “terrorista dei generi”.
I tre western fulciani (i due film di Zanna Bianca non sono propriamente ascrivibili al filone e saranno da noi analizzati in successiva trattazione) ci fanno rammaricare che il regista non si sia dedicato con più continuità al genere e ci appaiono molto importanti perché oltre a un indiscutibile bagaglio tecnico evidenziano (soprattutto i primi due, mentre il terzo, a dimostrazione della varietà di toni e stili del regista, è un più convenzionale film per famiglie) già tutte quelle caratteristiche di crudeltà artaudiana, rarefazione del plot, messinscena onirica ed estrema violenza grafica proprie di quel “cinema della crudeltà” che lo renderanno famoso negli anni ottanta.
1966 LE COLT CANTARONO LA MORTE E FU… TEMPO DI MASSACRO di Lucio Fulci, con Franco Nero, George Hilton, Nino Castelnuovo, Giuseppe Addobbati, Tom Felleghy
Se questo primo western di Lucio Fulci, interamente girato nella campagna laziale, è da un lato ancora ancorato a certi stereotipi e ingenuità del genere dall’altro è già assolutamente notevole per crudeltà, sadismo ed iperviolenza.
Il suo punto debole è forse la sceneggiatura di Fernando Di Leo – firma “storica” di tantissimi copioni del western all’italiana (compresi, non accreditato, quelli di Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più) e che successivamente avrà una lunga carriera come regista di film noir, che gli varranno il soprannome di Jean-Pierre Melville o Don Siegel italiano – piuttosto robusta, ma un po’ troppo intellettualistica e poco appropriata per un western, soprattutto per l’esacerbazione delle componenti psicanalitiche e di tragedia greca.
La regia di Fulci, invece, è secca ed efficace, spinge ovviamente sui toni cupi e feroci e si esalta nelle strepitose scene di sparatorie e violenza, tutte ottimamente coreografate e da cui già traspare la passione del regista per i dettagli e i primi piani crudeli e scioccanti. Il parossismo si raggiunge nella mezzora finale: un lungo, ininterrotto susseguirsi di uccisioni – il massacro del titolo – che si conclude in maniera pacificatoria con un frullare di colombe alla John Woo.
Ottimo il cast degli attori, interamente maschile: a un Franco Nero che sembra nato per recitare nei film western fanno da contraltare un bravissimo Nino Castelnuovo nella parte dello psicopatico debosciato e morbosamente legato al padre, perennemente vestito di bianco e con la frusta in mano, e un George Hilton al suo esordio nel western italiano, di cui poi diventerà uno dei volti di riferimento, nel ruolo dell'ubriacone infallibile con la pistola, una specie di versione spaghetti western del Dean Martin di Un dollaro d’onore.
1975 I QUATTRO DELL’APOCALISSE di Lucio Fulci, con Fabio Testi, Lynne Frederick, Michael J. Pollard, Harry Baird, Tomas Milian
Uno tra gli ultimi, i migliori e i più violenti western italiani mai girati, nel quale Lucio Fulci fa le prove generali di ferocia per quel “cinema della crudeltà” che lo renderà famoso nel decennio successivo.
E' un nerissimo viaggio on the road nel cuore di tenebra del genere, al seguito di quattro personaggi disadattati e borderline costretti a fare i conti con una realtà fatta di soprusi, sopraffazione, disperazione e violenza, in una galleria degli orrori comprendente torture, stupri, follia e cannibalismo.
Piuttosto sfilacciato sul piano narrativo – Fulci affermava che la sceneggiatura di Ennio De Concini ispirata ai racconti dello scrittore western Francis Brett Harthe non gli piaceva e quindi volle concentrarsi più sul come raccontare che sul cosa, ma in realtà la narrazione per immagini prive di consequenzialità, come pure il gusto per il close-up cruento e scioccante, diverrà proprio il suo caratteristico marchio di fabbrica negli horror successivi – il film funziona più per singoli blocchi di sequenze, nelle quali la contrapposizione tra una fotografia elegante e piena di luce e l’atrocità del narrato si sublima in momenti di grande pathos e sconcertante bellezza.
Tomas Milian – che per il suo memorabile personaggio di Chaco ha dichiarato di essersi ispirato a Charles Manson – ovviamente giganteggia su tutti, ma sono benissimo in parte anche Fabio Testi, l’americano Michael J. Pollard (reduce da Gangster Story) e la bellissima e sfortunata Lynne Frederick nel ruolo di una prostituta protagonista di una toccante scena di parto e di morte che sembra un omaggio rovesciato a quella di Ombre Rosse.
1978 SELLA D’ARGENTO di Lucio Fulci, con Giuliano Gemma, Geoffrey Lewis, Sven Valsecchi, Ettore Manni, Donal O'Brien, Gianni De Luigi, Cinzia Monreale, Licinia Lentini, Aldo Sambrell, Philippe Hersent, Karine Stampfer
Uno degli ultimissimi “spaghetti” e un classico delle programmazioni estive della Tv anni 80. Rivisto oggi è un filmetto simpatico, nel complesso più che dignitoso e ben confezionato, a cominciare dalle ottime scene d’azione. In fondo fa parte dei molti tentativi dei 70 di contaminare il western con altri generi. In questo caso si tenta l’innesto con il filone dei film con bambini-dal-caschetto-biondo che allora andavano per la maggiore, con titoli come Incompreso, Piccolo Lord e tutta la sfilza dei film strappalacrime interpretati dal leggendario Renato Cestié, con mitici titoli da funerale tipo L’ultima neve di primavera.
Bisogna dire che, a parte l’imbarazzante scivolata finale (la puerile trovata del bambino che cavalca al fianco di Gemma su un pony bianco), Fulci gestisce la parte sentimentale molto bene, correggendola con l’ironia e un tono tutto sommato asciutto. Il problema è che i bambini nei western proprio non funzionano nei ruoli di primo piano ("Il cavaliere della valle solitaria" eccezione che conferma la regola), in un modo o nell'altro la loro presenza da al tutto un che di dolciastro e posticcio. E anche in questo caso l’impressione generale è quello di un’occasione sprecata, del potenziale ottimo western sabotato dall'innesto sentimentale. Anche se, tutto sommato, il target per famiglie a cui mira il film ci evita le cadute nel triviale di tanto tardo western nostrano.
Bisogna dire che, a parte l’imbarazzante scivolata finale (la puerile trovata del bambino che cavalca al fianco di Gemma su un pony bianco), Fulci gestisce la parte sentimentale molto bene, correggendola con l’ironia e un tono tutto sommato asciutto. Il problema è che i bambini nei western proprio non funzionano nei ruoli di primo piano ("Il cavaliere della valle solitaria" eccezione che conferma la regola), in un modo o nell'altro la loro presenza da al tutto un che di dolciastro e posticcio. E anche in questo caso l’impressione generale è quello di un’occasione sprecata, del potenziale ottimo western sabotato dall'innesto sentimentale. Anche se, tutto sommato, il target per famiglie a cui mira il film ci evita le cadute nel triviale di tanto tardo western nostrano.
Comunque il western “per bambini” secondo Fulci prevede: ammazzamenti in ogni grado di trucidità, sanguinolenti primi piani di buchi in fronte, bambini frustati, o che tirano a loro volta schioppettate nella schiena di qualcuno, un bordello pieno di simpaticissime puttane dal cuore d’oro e dall’inequivocabile daffare, frati garrottati e impiccati, un grande Geoffrey Lewis che depreda i cadaveri e spara ai moribondi con la doppietta, un nostalgico Aldo Sambrell che rimembra di quando violentava le suore e poi le crocefiggeva… decisamente il politicamente corretto non era ancora di moda.
Mauro Mihich e Tommaso Sega
Dalla sere "non sia mai che ve le perdete" copio e incollo le mie opinioni su LE COLT CANTARONO...
RispondiElimina"Figata di film. E' vero c'è un po' di quella goffaggine tipica di tutti i primissimi western spaghetti, ma c'è anche una freschezza e un' originalità d'ispirazione che forse verranno meno negli anni più caldi e maturi del genere. C'è quell'aria surreale e crudele che si trova in altri film dell'epoca; penso soprattutto a "Texas, addio", sempre con Nero, dalla trama molto simile.
La povertà della produzione (comunque più che dignitosa) non si avverte quasi, grazie all'abilità di Fulci, capace di creare inquadrature dinamiche e di grande atmosfera. Bellissime le musiche (con tanto di Sergio Endrigo che canta in inglese - anche molto bene tra l'altro), bella la fotografia dai colori spenti e strepitose le esageratissime scene di violenza e d'azione. Per quasi un'ora gli autori hanno l'accortezza di far lievitare la tensione per poi far esplodere il film nella parte finale. Ottimi tutti gli interpreti, con la rivelazione di Nino Castelnuovo, davvero sinistro nella parte dello psicopatico. In qualche scena Franco Nero è un po' penalizzato da un look dark alla Django, quando invece il suo personaggio sarebbe piuttosto quello del giovane con qualche complesso di Edipo da risolvere. Molto simpatico il personaggio del cinese tuttofare che storpia a suo piacimento i detti di Confucio. Occhio al dialogo tra Castelnuovo e il padre a metà film, Fulci ricrea nientemeno che le stesse inquadrature sbilenche di "Gioventù bruciata"."
e I QUATTRO DELL'APOCALISSE...
"Probabilmente l'unico western italiano realmente "crepuscolare", cioè che disattende tutte le regole spettacolari del genere (a parte che nella caraterizzazione sopra le righe del personaggio di Milian). Pur con qualche esagerazione melodrammatica, la parte nel villaggio innevato è bellissima e la morte di Lynne Frederick uno dei momenti più toccanti che abbia mai visto in un genere solitamente cinico come gli spaghetti."
Aggiungo un paio di postille riguardo alle edizioni dvd: nel trailer presente tra gli extra del dvd Eagle di "Tempo di massacro" si vedono delle scene di violenza diverse e più accentuate rispetto a quelle che figurano nel film, il che farebbe supporre che la pellicola, per l'eccessiva violenza, sia stata vittima di qualche taglio da parte della mannaia della censura (prassi purtroppo che al tempo era usuale).
RispondiElimina"I quattro dell’apocalisse", invece, è stato variamente sforbiciato in tutte le varie edizioni internazionali, compresa la copia ultra-tagliata che passa ogni tanto sui nostri palinsesti televisivi, e solo negli ultimi anni è stato pubblicato in edizioni dvd finalmente integrali (molto bella quella americana della Blue Underground).
Scusate , mi inserisco solo per ricordare il grande Tomas Milian che ha appena lasciato questo mondo ... Nonostante sia forse più famoso per i successivi poliziotteschi e compagnia bella , per me resterà sempre il magnifico interprete di tanti western italiani degli anni della mia gioventù .
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