Gli eredi di Sartana
...come una risata seppellì il western all'italiana
Avevano sempre le facce di George Hilton e Gianni Garko, giravano il West sempre vestiti in modo elegante, erano sempre cinici e pieni di trucchi, ma fin dai nomi non avevano più nulla di diabolico: Camposanto, Alleluja e Spirito Santo sono stati la versione bonacciona di Sartana. Regista, attori, sceneggiatori e cast tecnico dei film di cui stiamo per scrivere erano praticamente gli stessi della serie ufficiale del gambler-becchino, il che garantiva una confezione sempre di una certa classe, ma i risultati furono molto diversi. Perché i tempi erano ormai molto diversi.
1971 GLI FUMAVANO LE COLT... LO CHIAMAVANO CAMPOSANTO
di Giuliano Carnimeo con Gianni Garko, William Berger, Chris Chittell, John Fordyce, Ugo Fangareggi, Nello Pazzafini, Rick Boyd
La lugubre ironia dei film di Sartana inzia a stemperarsi in quella più innocua dei Trinità. Infatti è messa in scena una vecchia sceneggiatura di Clucher/Barboni, il creatore del celebre dittico con Bud Spencer e Terence Hill. Peccato che l’ironia di Barboni, quando non corretta dalla carismatica presenza della copia Spencer & Hill, tendesse sempre un po’ troppo al bonaccione. Ne esce infatti un simpatico film per ragazzi, comicarolo, non ancora “fagioli” (fortunatamente), pieno di buffonate e scazzottate come di morti ammazzati. Ai tempi fu un grande successo, rivisto oggi è uno dei pochi film nati sulla scia di Trinità ad essere ancora abbastanza godibile. Comunque fatto benissimo a livello tecnico: regia, fotografia, montaggio eccellenti, musiche di Nicolai splendide.
Il film ha ben tre coppie di protagonisti (troppe): quella ironica di due coraggiosi ragazzotti dell’Est, quella decisamente comica dei loro due servitori messicani e quella semiseria formata dai pistoleri nemici-amici Gianni Garko e William Berger. La parte migliore del film è ovviamente quella che vede in scena questi ultimi. Inappuntabile e nerovestito il personaggio di Garko si chiama in realtà Straniero, il soprannome Camposanto salta fuori giusto in un paio di battute evidentemente posticce, tanto per giustificare il titolo. Un sornione William Berger fa invece la parte del Duca, pistolero ugualmente fiero di essere figlio di un aristocratico quanto di una puttana. Il film segnò il ritorno di Berger dopo il vergognoso caso di malagiustizia italiana di cui era stato vittima: arrestato insieme alla moglie e degli amici per qualche spinello ad una festa, furono rinchiusi in manicomio, dove la moglie, convalescente da un’ operazione, morì per un’ infezione non curata.
Sotto le gag e le buffonate, qualche trovata malinconica (molto bella quella di Garko che decide di fare da angelo custode ai due piedidolci dopo averli visti mettere dei fiori sulla tomba della moglie) e degli evidenti riferimenti alla criminalità e omertà nel sud Italia.
1971 TESTA T'AMMAZZO, CROCE SEI MORTO: MI CHIAMANO ALLELUJA
1971 TESTA T'AMMAZZO, CROCE SEI MORTO: MI CHIAMANO ALLELUJA
di Giuliano Carnimeo con George Hilton, Charles Southwood, Agata Flori, Roberto Camardiel, Rick Boyd
Primo di una specie di trilogia "tortilla" di Carnimeo, che mette in scena una rivoluzione da barzelletta. Il film parte bene con Alleluja che, servendosi di una macchina da cucire che si trasforma in mitragliatrice, salva il generale rivoluzionario Ramirez dalla fucilazione. Lo vediamo poi serafico che contratta i suoi affari con Ramirez mentre intorno a loro piovono morti. I primi quaranta minuti di film sembrano quasi miracolosi: uno spaghetti commedia DAVVERO brillante, non solo vuotamente spiritoso. Non ci si annoia tra rivoluzionari allegramente cinici, soldati francesi impennacchiati, spie travestite da suore, banditi travestiti da frati, preti veri ma votati alla guerriglia, operazioni chirurgiche con il cavatappi, cadaveri negli armadi e persino un assurdo ussaro in trasferta messicana. Un gran peccato quindi che nella seconda parte gli autori perdano il senso della misura. La brillantezza diventa buffoneria, con scene d'azione esageratissime e cazzotoni alla Trinità. Poche, ma già fastidiosissime, le scivolate nel greve: dei banditi messi fuori gioco con un lassativo, un finto frate che parla il romanesco. Anche così però bisogna dire che il film nel complesso funziona là dove gran parte dei western comicaroli fallivano miseramente, cioè riesce a divertire e ogni tanto persino a far sorridere.
1971 UOMO AVVISATO MEZZO AMMAZZATO... PAROLA DI SPIRITO SANTO
1971 UOMO AVVISATO MEZZO AMMAZZATO... PAROLA DI SPIRITO SANTO
di Giuliano Carnimeo con Gianni Garko, Cris Huerta, Pilar Velázquez, Víctor Israel, George Rigaud, Nello Pazafini, Rick Boyd
Di gran lunga il migliore dei tre film "rivoluzionari". Quello che mescola meglio l'azione comica e quella drammatica. Intediamoci: assolutamente comico, con decine di gag di grana grossa e grossissima (il finale coi rivoluzionari vestiti da puttane), ma se si sta al gioco fa ridere e pure tanto. Già molto che ci vengono risparmiate inflessioni dialettali e gag scatologiche. Funzionano l'ironia grottesca e il ritmo è scatenato, funzionano i personaggi, una folla di colorite macchiette che riesce ad essere picaresca senza scadere (quasi mai) nei personaggi da barzelletta, il Carezza di Cris Huerta, doppiato alla Tuco, è uno delle migliori variazioni del personaggio di Bud Spencer, mentre Pilar Velázquez è brava e simpatica, oltre che spaventosamente bella. Anche se Carnimeo pare preferisse Hilton, Garko aveva ben altra presenza e stile. Se infatti l'Alleluja di Hilton risulta un personaggio un po' incolore, messo spesso in secondo piano dalle macchiette che lo circondano, lo Spirito Santo di Garko ha il carisma surreale di Sartana, pur ribaltandone le caratteristiche estetiche. Soprattutto, pur mollando anche lui tanti cazzottoni, Spirito Santo non rinuncia a molteplici e appaganti stragi di massa.
Notevole l'inizio drammatico, con i soldati che mettono a ferro e fuoco un paesino sulle note di una splendida canzone "rivoluzionaria" di Bruno Nicolai. Se in Trinità si giocava con l'iconografia religiosa solo in qualche battuta, qui si va gustosamente sul pesante. Il film comincia con una madre che invita la figlioletta a confidare in Dio, al che arrivano i soldati e ammazzano il padre. Gli stessi soldati vengono poi inquadrati in una scena che ricorda "L'ultima cena" di Leonardo, arriva Spirito Santo e li fa fuori tutti. Da antologia anche il sermone del solito biondino assassino interpretato da Rick Boyd, nella scena in cui insieme ai fratelli seppellisce un malcapitato che hanno appena ucciso: "Non farlo più Signore! Se continui a mandarci dei ficcanaso, a noi poi tocca ammazzarli, chiaro? Beh, in fondo sono affari tuoi e di questo qua... Amen."
1972 IL WEST TI VA STRETTO AMICO, E' ARRIVATO ALLELUJA
1972 IL WEST TI VA STRETTO AMICO, E' ARRIVATO ALLELUJA
di Giuliano Carnimeo con George Hilton, Lincoln Tate, Agata Flori, Roberto Camardiel, Nello Pazzafini, Riccardo Garrone
Raro caso negli spaghetti di autentico sequel, con gli stessi attori a rifare gli stessi personaggi del primo film di Alleluja (solo Agata Flori fa un personaggio diverso). Se i film precedenti si mantenevano però ancora in bilico tra avventura e comicità, in questo gli autori si buttano decisi sul comicarlo spinto, lasciando perdere ogni parvenza di western, ancorché brillante. Anche la rivoluzione messicana stavolta rimane del tutto sullo sfondo, utilizzata giusto come spunto di partenza della vicenda. Quindi quasi niente morti, ma solo gran sganassoni e botte in testa. Il problema non è la scelta del registro comico in sè, ma la materia puerile con cui si cerca di far ridere. Alleluja travestito da taverniere rifila un diuretico ad una pattuglia di soldati prussiani che parlano come le Sturmtruppen. Poi li mette fuori gioco con un'unica frustata sugli attributi mentre stanno facendo i loro bisogni tutti in fila. Dei rivoluzionari assediati rispondono in coro "Merda!" ad una proposta di resa. Un affarista di New York parla come un cumenda milanese e da dei "terroni" ai messicani. Un seduttore messicano geloso (l'ancora notissimo caratterista Riccardo Garrone) parla in siciliano e balbetta. Serve continuare? Bisogna dire che il film, a differenza della stragrande maggioranza dei "fagioli western", è ancora una volta fatto bene e si lascia guardare, avendo un suo ritmo e uno suo stile. Ma più che consolare la cosa mette tristezza al pensiero di tanto talento sprecato.
Raro caso negli spaghetti di autentico sequel, con gli stessi attori a rifare gli stessi personaggi del primo film di Alleluja (solo Agata Flori fa un personaggio diverso). Se i film precedenti si mantenevano però ancora in bilico tra avventura e comicità, in questo gli autori si buttano decisi sul comicarlo spinto, lasciando perdere ogni parvenza di western, ancorché brillante. Anche la rivoluzione messicana stavolta rimane del tutto sullo sfondo, utilizzata giusto come spunto di partenza della vicenda. Quindi quasi niente morti, ma solo gran sganassoni e botte in testa. Il problema non è la scelta del registro comico in sè, ma la materia puerile con cui si cerca di far ridere. Alleluja travestito da taverniere rifila un diuretico ad una pattuglia di soldati prussiani che parlano come le Sturmtruppen. Poi li mette fuori gioco con un'unica frustata sugli attributi mentre stanno facendo i loro bisogni tutti in fila. Dei rivoluzionari assediati rispondono in coro "Merda!" ad una proposta di resa. Un affarista di New York parla come un cumenda milanese e da dei "terroni" ai messicani. Un seduttore messicano geloso (l'ancora notissimo caratterista Riccardo Garrone) parla in siciliano e balbetta. Serve continuare? Bisogna dire che il film, a differenza della stragrande maggioranza dei "fagioli western", è ancora una volta fatto bene e si lascia guardare, avendo un suo ritmo e uno suo stile. Ma più che consolare la cosa mette tristezza al pensiero di tanto talento sprecato.
Al di là del discorso commerciale nato con il successo di Trinità, sembrerebbe quasi che ai tempi tutti quanti - pubblico, registi, attori - fossero felici e contenti di poter buttare finalmente(?) alle ortiche il western e poter fare gli spiritosoni tra capitomboli, smorfie e qualche parolaccia. Come all'asilo.
Infatti in seguito l'accoppiata Carnimeo e George Hilton darà vita ad un ulteriore dittico dedicato ad un pistolero e gambler nerovestito: Tresette, protagonista dei deliranti e francamente inguardabili Lo chiamavano Tresette... giocava sempre col morto (1973) e Di Tresette ce n'è uno tutti gli atri son nessuno (1974), dove dal western comicarolo scivoleranno definitivamente nella peggior commediaccia all'italiana, e dove l'ambientazione western diverrà totalmente pretestuosa e praticamente inesistente.
Tommaso Sega
Ottimo articolo. Però forse più che inseriti sotto la categoria "i film" (che dedicherei solo alle recensioni delle singole opere) questi tuoi – interessantissimi - articoli di approfondimento si meriterebbero una categoria tutta per loro ("Le monografie"?).
RispondiEliminaComplimenti al sig.Sega per l'approfondimento e, in particolare, per aver sottolineato i riferimenti religiosi in Spirito Santo (che ho visto oggi). Di gag scatologiche, in questo film, ne ho trovate però almeno una: vedi uno degli ingredienti del pappone-tortura fatto infine trangugiare da Spirito Santo ai "cattivi". Carnimeo mi sembra un ottimo regista: ne ho apprezzato, ad esempio, i Sartana e l'assai curato Anna Quel Particolare Piacere. Notare che nel 1971 uscirono TRE titoli suoi non può che far gridare al miracolo, per come comunque son stati realizzati, almeno a livello di idee e di riprese. Complimenti per il blog. Fabio
RispondiElimina