mercoledì 8 febbraio 2012

Anthony Mann 5 - Lo sperone nudo

1953 LO SPERONE NUDO (The Naked Spur) di Anthony Mann. Con James Stewart, Robert Ryan, Millard Mitchell, Janet Leigh, Ralph Meeker.


Howard Kemp (J. Stewart) – tramutato in Robert nel doppiaggio italiano -, un cacciatore di taglie, è sulle tracce di un pericoloso fuorilegge (R. Ryan), reo d’aver assassinato lo sceriffo di Abilene, Kansas; durante l’inseguimento si uniscono a lui un vecchio cercatore d’oro (M. Mitchell) e un giovane tenente di Cavalleria in congedo (R. Meeker), cui Kemp dice, mentendo, di essere un uomo di legge. I due uomini risulteranno decisivi nella cattura del bandito e, scoperta la vera identità del loro compagno, avanzeranno delle pretese sulla riscossione della taglia, che a questo punto dovrà essere inevitabilmente divisa in tre parti uguali. Il gruppo, del quale entra a far parte anche una ragazza (J. Leigh) che viaggiava con il ricercato, parte cosí dal Colorado alla volta del Kansas; durante l’itinerario il fuorilegge, tramite sottili provocazioni, aizza tra loro i vari componenti della spedizione, non esitando persino a sfruttare a suo vantaggio l’avvenenza della compagna, che diviene in breve un ulteriore motivo di contesa fra i tre uomini che l’hanno catturato. Il viaggio, alla fine, terminerà in modi del tutto imprevisti. 

Il terzo western del sodalizio Mann-Stewart, il primo non sceneggiato da Borden Chase, è uno dei capolavori assoluti del genere tutto. Ridotta a quintetto la ridda di personaggi di Winchester ‘73, cassata ogni escrescenza distensiva – le macchiette di Chubby Johnson e Stepin Fetchit in Là dove scende il fiume - ed evitata la minima divagazione – l’intero plot è incentrato sul viaggio del gruppo verso il Kansas -, Mann ricava il suo film piú asciutto e adamantino, in cui tutto sembra finemente cesellato allo scopo di ottenere una perfezione essenziale, prosciugata. Forte di una sceneggiatura di ferro – di Sam Rolfe e Harold Jack Bloom –, meritatamente nominata all’Oscar, e della consueta impeccabile confezione – fotografia di William C. Mellor, montaggio di George White, musiche di Bronislau Kaper - Lo sperone nudo è la quintessenza del western psicologico, quello in cui le armi da fuoco passano in secondo piano per lasciare il passo ai diabolici meccanismi della mente umana, incarnati perfettamente nella figura del bandito disarmato che con la sola, serpentina forza persuasiva della parola riesce a corrodere lentamente gli animi dei suoi nemici fino a portarli al punto di rottura. Specie di kammerspiel interamente inscenato in sconfinati spazi naturali, capace di trasmettere nonostante ciò un senso di latente claustrofobia attraverso riprese variamente “ostacolate” da elementi ambientali – pareti rocciose, strapiombi, spelonche, alberi secolari -, è in fondo l’ennesima epopea manniana di uomini «segnati da un passato enigmatico e attratti da un futuro elusivo, ai quali non resta che una scelta: il presente dell’azione» [R. Bellour]. Howard Kemp non riesce però, a differenza dei precedenti Lin McAdam e Glyn McLyntock, nemmeno ad accattivarsi la simpatia dello spettatore: l’onta di un antico tradimento gli ha iniettato in corpo un odio spaventoso, ingiustificato verso l’uomo che considera lo strumento del suo riscatto; è un eroe che ha imparato persino a mentire. Privo di antagonisti in senso classico, ha un’unica concessione al genere nella sequenza della sparatoria con gli indiani Piedi Neri che inseguono il tenente Anderson. Il resto è un implacabile, modernissimo esercizio della tensione. Nello straordinario cast il solito immenso Stewart – magnificamente doppiato nella versione italiana da Gualtiero De Angelis – questa volta deve spartire il piatto con un sornione, indimenticabile Ryan. Inserito nel 1997 come patrimonio del cinema americano nel National Film Registry.

Paolo D'Andrea

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