mercoledì 22 febbraio 2012

nuovi western - 2002

Western del 2002

Anno che conta solo un paio di titoli piuttosto eccentrici, per altro inediti in Italia, anche se il primo titolo riguarda molto da vicino l'Italia e il suo western.


800 BALAS (inedito in Italia) di Álex de la Iglesia
con Sancho Gracia, Carmen Maura, Angel de Andrés López, Eusebio Poncela, Luis Castro, Manuel Tallafé, Enrique Martinez, Eduardo Gómez, Luciano Federico, Yoima Valdés

Gli 800 proiettili del titolo sono le pallottole che mette insieme il protagonista, un vecchio stuntman degli spaghetti western, per organizzare con i suoi colleghi una resistenza armata contro la speculazione edilizia che sta per abbattersi sul loro paesino turistico, ex set dei western all'italiana. Testimone delle vicenda il nipote di dieci anni dell'uomo.

Ambientato nell’Almerìa contemporanea, tra gli stuntman del villaggio western Texas Hollywood che campano alla giornata ricreando sparatorie per i turisti, e che non sono un'invenzione del regista, come sostiene anche Marco Giusti nel suo “Dizionario del western all'italiana”, ma esistono realmente e sono molto simili a quelli descritti nel film.
Nostalgico, commovente, bellissimo omaggio al genere da parte del regista basco di culto Álex de la Iglesia, grande appassionato della serie B cinematografica.
Più che Tarantino, a cui viene spesso accostato per la comune matrice cinefila, ricorda molto il cinema di Steven Spielberg, oltre che per la storia vista dal punto di vista di un bambino, anche per la capacità di coinvolgere ed emozionare lo spettatore, usando a volte anche stratagemmi un po’ subdoli e ricattatori per farlo parteggiare per la “parte giusta”, e per la grande sicurezza e padronanza di regia, quasi hollywoodiana (che differenza imbarazzante con l’attuale dilettantismo italiano!).
Il regista svaria con sicurezza e bravura tra diversi registri, avvicendando balli e cavalcate, bevute e sparatorie (fittizie e reali) e mescolando comico e grottesco, dramma e commedia, ironia e tragedia, risate e commozione, ma tenendo sempre sotto controllo il filo della narrazione. E anche a livello tematico, oltre ad una appassionata dichiarazione d’amore per il genere, il film è molte altre cose: una sentita arringa sulla difesa del proprio lavoro, una impietosa analisi sul mondo del cinema e su quello che nasconde dietro i lustrini e le paillettes, una triste considerazione sull’impossibilità di superare il passato, un’amara riflessione se sia preferibile vivere nel proprio piccolo - e spesso fasullo - mondo immaginario oppure affrontare la realtà. Il geniale cortocircuito tra cinema e vita reale viene rimarcato dallo straordinario attore protagonista (che in pratica interpreta se stesso): Sancho Gracia, che è stato veramente la controfigura di Clint Eastwood in “Per un pugno di dollar”i (bellissimo il suo discorso sulla diversa fortuna che arride alle star e agli stuntman) e che ha realmente incontrato Raquel Welch sul set di “El Verdugo” come racconta nel film (senza che nessuno gli creda).

È uno di quei film che ti fa amare i suoi personaggi. Sancho Gracia è titanico, si mangia tutto il film. Ma è irresistibile tutta la galleria di piccoli e grandi personaggi che il film fa scorrere sullo schermo, anche quelli minori: dalla simpatica e conturbante “guerrigliera” di Yoima Valdés che si esibisce in un paio di audaci spogliarelli, alla comparsa italiana che che impreca solo in italiano, dallo specializzato nelle parti da impiccato, a quello specializzato nel farsi trascinare dai cavalli, da quello che fa sempre la parte dello sceriffo, a quelli che fanno sempre gli indiani, fino a quello rintronato dalle troppe cadute spettacolari. Una specie di allegra Spoon River della manovalanza dei fu spaghetti western.

Bellissimo il prologo (che poi si scoprirà essere una clamorosa finzione) e formidabili i titoli di apertura e di chiusura. Allegre e appassionanti le parti più picaresche e chiassose, come tutto lo strepitoso assedio del finto villaggio. Forse troppo convenzionale la parte sentimentale e melodrammatica, ma comunque in linea con l'affetto nostalgico che il film vuole trasmettere, non solo per il western italo-iberico ma per tutto il mito western in generale.

Nella patria degli Spaghetti Western scandalosamente non è mai stato distribuito.

Dicono di lui...

 “[...] In “800 Bullets” lo stile di De la Iglesia ha troppo poco margine di manovra: quel senso di bizzarro e surreale, per cui è generalmente conosciuto, è incanalato in un intreccio intelligente ma soffocante, che esplode di vera stranezza solo verso la fine. È chiaro che l'autore in “800 Bullets” si è divertito con il materiale a sua disposizione, ma senza in realtà avere una salda presa su di esso. […] Un tocco divertente che piacerà agli spettatori spagnoli (e passerà inosservato ai telespettatori americani) è l'utilizzo, ad un certo punto verso la fine del film, del doppiatore spagnolo che ha fornito la voce di Clint Eastwood nei suoi film […] Non si può negare a “800 Bullets” di essere intrigante, per come riesce confondere i confini tra realtà e finzione, tra le vite dei personaggi e le trame dei B-movies in cui erano abituati a lavorare. Se il film fosse stato molto più corto e meglio costruito, o se De la Iglesia fosse riuscito ad imporre un maggior ordine al suo caos, sarebbe potuto essere ancora più affascinante. Così com'è, gli si può riconoscere energia e fantasia, ma non è abbastanza per mettere insieme un film di successo.”
(Holly E. Ordway, “DVDtalk” 27/3/2005)

“[...] Scritto dal duo inseparabile Jorge Guerricaechevarría e il regista Álex de la Iglesia, "800 Balas" è una storia che utilizza il semplice e tipico espediente di un ragazzo alla scoperta del passato del padre defunto per creare una storia a più strati sull'onore, la lealtà, e la sottile linea tra realtà e finzione, il tutto condito da innumerevoli riferimenti al genere western (sia americano che spaghetti) e una grande dose di umorismo nero e sovversivo. Anche se non è esattamente un western, De la Iglesia gioca con il genere e lo descrive come l'ultimo e più perfetto genere cinematografico del cinema come fabbrica dei sogni, tanto che Julián e la sua banda di disadattati non hanno mai accettato il fatto che il sogno che avevano contribuito a creare sia finito. È un omaggio affettuoso all'Almería, alla sua gente e ai suoi western. [...] Certo, "800 Balas" è più un film d'azione e uno studio di caratteri che un onesto e regolare film western, ma De la Iglesia dimostra una tale e profonda conoscenza del western all'italiana, che i fan del genere lo troveranno sicuramentre gratificante. Con una fotografia straordinaria (da Flavio Martínez Labiano) che imita i classici Leone classici, e uno score (di Baños Roque) che accenna più di una volta a Morricone [...] Nonostante i suoi evidenti difetti, "800 Balas" è un omaggio straordinario ad un lungo periodo perduto, e un altro notevole lavoro di uno dei registi più originali della Spagna. Una lettera d'amore al cinema che è una visione doverosa per gli appassionati di western, specialmente per quelli che si sono divertiti a vedere Clint Eastwood che andava a spasso per l'Almería, lo spirito di quei film leggendari sembra rivivere per un ultimo viaggio attraverso il deserto.”
(commento di José Luis Rivera Mendoza, "IMDb" 28/11/2006)


THE OUTSIDER (inedito in Italia) di Randa Haines
con Naomi Watts, Tim Daly, David Carradine, Keith Carradine

I western diretti da donne sono una rarità. Tra quei pochi quasi nessuno rispetta le regole tipiche del genere, come nel caso degli affascinanti e intimisti “A Thousand Pieces of Gold” di Nancy Kelly del 1991 e “Meek's Cutoff” di Kelly Reichardt del 2011, entrambi colpevolmente inediti in Italia. Piacerebbe quindi scrivere bene di un caso quasi unico come “The Outsider”, tradizionale western per la TV diretto da una donna, sceneggiato da una donna (Jenny Wingfield) e tratto dall'omonimo romanzo scritto sempre da una donna (Penelope Williamson). Il guaio è che il film sembra far di tutto per dar credito ai peggiori pregiudizi maschilisti che una squadra del genere potrebbe far nascere. Trattasi infatti di un western “romantico” nel senso più deteriore del termine. Situazioni, dialoghi e personaggi sono quelli della letteratura rosa usa e getta, con i due protagonisti che sembrano provenire da una di quelle illustrazioni color confetto tipiche di quelle pubblicazioni. 

La storia è praticamente quella solita de “Il cavaliere della valle solitaria”, ambientata però in una comunità di Amish, l'inflessibile confessione religiosa resa famosa dal celebre thriller “Witness - Il testimone” di Peter Weir. Peccato che i conflitti che erano il sale di quei modelli siano qui proposti in una versione troppo accomodante e zuccherosa. Il marito incomodo viene fatto fuori all'inizio del film, i cattivi mandriani fanno capolino solo nei momenti funzionali al progredire della trama, lo scontro tra la relazione proibita dei due protagonisti e la rigidità della cultura Amish passa per situazioni improbabili (che nell'ottocento una bella vedovella potesse tranquillamente convivere per mesi in casa da sola con un uomo, per altro noto “peccatore”, senza che nessuno trovasse granché da ridire è inverosimile in generale non solo in una comunità Amish) e si risolve in modo troppo facile e plateale. Infine il cavaliere solitario fonde la sua pistola in una fornace e abbraccia la fede pacifista dell'amata solo dopo che ha sterminato tutti i suoi avversari. In un'analoga situazione, il John Wayne de “L'ultima conquista” (1947) aveva avuto il coraggio e il buon gusto di convertirsi prima.

Fatta la tara sul tipo di film che vuole essere, bisogna però dire che “The Ousider” si lascia guardare con una certa gradevolezza. Merito di una confezione di alto livello, con una bella e poetica colonna sonora e una splendida fotografia che esalta le atmosfere naturali e climatiche, con belle immagini di atmosfere piovose, paesaggi innevati, boschi autunnali. Merito anche della classe degli attori, tra cui i due più noti fratelli Carradine, con David che si ritaglia la bella parte di un dottore dai modi spicci. Convincenti anche i due protagonisti, capaci di dare concretezza fisica all'attrazione tra i loro personaggi. Intensa soprattutto la prova di Naomi Watts, che salva più di una sequenza dal ridicolo involontario e riesce a risultare sexi anche se praticamente sempre infagottata nel costume da vedova Amish. Anche se c'è da sospettare che nella realtà tali costumi non mettessero così ben in evidenza la linea e le forme delle donne che li dovevano indossare. 

Dicono di lui...

“The Outsider è un film meraviglioso e una vera gioia per lo sguardo principalmente grazie a Tim Daly e Naomi Watts. [...] Voglio raccomandare questo film a tutte quelle che vorrebbero un diverso tipo di western. Che si concentri sulle storie d'amore, piuttosto che sulla violenza. Davvero una boccata d'aria fresca.”
(Roxanna-Hartman, "IMDb" 27/5/2004)

“[...] è una storia bella e commovente di amore, passione e pregiudizio. […] la musica e il lavoro con la cinepresa trasmettono un'atmosfera molto intensa e sensuale in certi momenti, serena e sognante in altri.”
(Cleodeo, “IMDb” 25/1/2006)

“No, non è un western con Clint Eastwood. Niente storie con profondi tormenti morali o stoici eroismi. Ma è meglio rispetto alla media dozzinale dei racconti romantici. Prima di tutto, sono state evitate le distraenti sottotrame che costellano il romanzo di Penelope Williamson. In secondo luogo, questa trasposizione è soprattutto una poema visivo. [...] Se siete in vena di una storia semplice, ben recitata e bella da guardare, questa fa al caso vostro.” 
(MoonShdo, "IMDb" 25/1/2005) 

"Quanti luoghi comuni si riescono a contare in questo film? Non credo ci sia un cliché che questo film si dimentichi di includere. [...] Naomi Watts è particolarmente concentrata, tuttavia, come vedova giovane e carina, utilizza una gamma di emozioni che va dalla A alla ... uh, A. È un film abbastanza innocuo... se avete un po di tempo da sprecare e realmente “amate” i western, sedetevi e probabilmente vi passerà via bene. Ma non lo ricorderete dopo una settimana.”
(Hokeybutt, "IMDb" 19/12/2004) 

"Che razza di merda fumante di film. Quando la tendenza è riempire letteralmente ogni secondo di dialogo e ogni singolo punto della trama di ogni consunto e logoro cliché, questo è il risultato che si ottiene. [...]"
(Quinnmass, "IMDb" 16/12/2004)

Tommaso Sega, con inserti di Mauro Mihich

2 commenti:

  1. Tra i western diretti da donne (peraltro anche questi "atipici") aggiungo anche “The Ballad of Little Jo” (1993) di Maggie Greenwald, anche questo inedito in Italia e che non dev’essere male (tempo fa cercai anche di recuperarlo, senza riuscirci), e “L’insaziabile” (1999) di Antonia Bird, anche se quest’ultimo è più vicino all’horror. Ma ce ne saranno sicuramente anche degli altri...

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  2. "L'insaziabile" l'avevo anche citato, ma poi l'ho tagliato durante il tentativo (fallito) di snellire un po' questi post.
    Per altro ho deciso di non prendere in considerazione in questa rubrica i western horror, che negli ultimi anni ho scoperto essere diventati un vero e proprio filone, con più titoli che i western normali (non che ci voglia molto). Credo quindi meritino una trattazione a parte, anche se a giudicare dai trailer sono più le cavolate che i gioielli come "The Burrowers".

    Comunque è stato esilarante cercare qualche opinione per "The Outsider". Di critiche vere praticamente non se ne trovano, invece tra i commenti che si trovano in giro le tantissime donne sono tutte entusiaste (ho beccato anche un paio "è il più bel film che abbia mai visto!"), mentre i pochissimi comenti di uomini sono tutto tra lo schifato e l'incazzato nero...

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