domenica 19 febbraio 2012

nuovi western - 2001

Western del 2001

Annata purtroppo segnata da un paio di tentativi di aggiornare il western per avvicinarlo ai presunti gusti del pubblico giovanile. Ma alla fine è solo un classicissimo e onesto tv-movie a funzionare veramente.


FUOCO INCROCIATO (CROSSFIRE TRAIL) di Simon Wincer
con Tom Selleck, Mark Harmon, Virginia Madsen, Brad Johnson, Barry Corbin, Christian Kane

In Italia è sempre e solo Magnum P.I., ma da anni Tom Selleck si è costruito una buona reputazione come attore e produttore di pregevoli produzioni televisive, all'interno delle quali con dedizione e caparbietà si è costruito una sua piccola filmografia western, che conta una manciata di pregevoli film-TV come questo e anche una divertente uscita cinematografica: l'outback western - ovvero la versione australiana del genere - "Carabina Quigley" del 1990. Suo fedele pard è quasi sempre il regista australiano Simon Wincer, anonimo ma solido artigiano, con un'ottima mano per le scene d'azione.

L'amore di Selleck per il western più classico è lampante in questo "Fuoco incrociato", che sembra una pellicola uscita direttamente degli anni '50, non a caso del resto è tratta da un romanzo dello specialista Louis L'Amour datato 1954. Uniche concessioni alla modernità sono il realismo dei costumi e la fotografia dai colori spenti. Ma guardando a tutto il resto - dialoghi, personaggi e situazioni - non si faticherebbe troppo ad immaginare un James Stewart al posto di Tom Selleck nella parte del cowboy solitario, un Robert Ryan al posto di Mark Harmon nella parte del dispotico signorotto locale, e una Janet Leigh al posto di Virginia Madsen nella parte della bella vedova in pericolo. Certo Wincer non è Anthony Mann, ma si difende bene, soprattutto quando dirige con classe le ottime e divertenti scene d'azione che movimentano tutta la seconda parte del film.

Curioso il prologo marittimo con echi quasi alla Conrad, con Selleck marinaio che, dopo un giustificato ammutinamento, promette ad un amico morente di vegliare sulla vedova. Andrà a vivere nel ranch della donna come cowboy, dove viene raggiunto da due sue compagni di mare. Ovviamente si innamorerà della sua datrice di lavoro e dovrà affrontare i cattivi della zona che vogliono impossessarsi del ranch. In sintonia con i modi calmi dei loro protagonisti, gli autori mostrano con calma e affetto i personaggi che si muovono tra i più classici paesaggi del genere -boschi, fiumi, cittadine di frontiera - mentre scortano mandrie, seguono traccie, incontrano indiani o semplicemente chiacchierano al lume di candela in un ranch o accanto ad un falò. I dialoghi ricchi di ironia virile e compassata e altre scenette gustosamente divertenti creano un clima cameratesco tra i personaggi che coinvolge anche lo spettatore. Cosa ben diversa dall'ironia distruttiva e respingente dei due altri film qui sotto...

Dicono di lui...

"Tom Selleck porta sul piccolo schermo un altro atto d'amore per il western. [...] Selleck, che incontrò per la prima volta L'Amour durante le riprese di "The Sackets", nel 1979, dimostra la sua incrollabile riverenza per l'autore, con questo luminoso adattamento, diretto con grande sensibilità da Simon Wincer ("Lonesome Dove"). Girato in esterni a Calgary, Alberta, Canada. "Fuoco incrociato" segna il secondo abbinamento tra Tom Selleck e il produttore esecutivo Michael Brandman, che avevano già collaborato nel 1997 per il sobrio "Ultima fermata Saber River", che al momento della prima visione fu il film nato per il via cavo più visto di sempre. E' notoriamente difficile aggiudicarsi i diritti di un romanzo di Louis L'Amour, è stata l'amicizia di Selleck con l'autore e con sua moglie che ha reso possibile il dar vita sullo schermo a "Trail Crossfire".”
(Christian Kane,"Cd Universe")

"Sono sorpreso dell'alto gradimento ottenuto da questo film. [...] L'inizio del film è confuso e inutile. Poi le cose migliorano e si fanno interessanti. Poi il film lentamente e inesorabilmente diventa sempre peggio. Si sviluppa in maniera incredibilmente pasticciata con varie sequenze che ricordano film migliori (la principessa indiana da salvare, il famoso assassino nerovestito da assumere fuori città, la gente del paese che insorge alla fine per difendere la giustizia, il bestiame mandato in città durante uno scontro a fuoco... bah)! [...] Tutto è poco credibile e scarsamente motivato: gli uomini che lavoravano in un ranch che non è loro, l'ipoteca sul medesimo, il "corteggiamento" della Madsen, la morte del marito. Le tattiche e i movimenti nelle sparatorie sono sciocche e poco convincenti."
(commento di Chipe, "IMDb" 1/11/2009)

"I western come racconti morali hanno una lunga tradizione. La classica storia del bene contro il male è tanto più efficace quanto i personaggi risultano ben disegnati e tridimensionali. [...] Okay, per come è impostata la storia manca di reale sostanza, ma quel che si ottiene da una impostazione così lineare è lo stile di un classico western che segue il copione più tradizionale, che lentamente e inesorabilmente riunisce il destino del cattivo e dell'eroe."
(Denis Bernicky, "The Reviews Page")


GLI ULTIMI FUORILEGGE (AMERICAN OUTLAWS) di Les Mayfield
Con Colin Farrell, Scott Caan, Ali Larter, Gabriel Macht, Timothy Dalton

Tentativo di riproporre il western in salsa giovanilista e modaiola che fa sembrare "Young Guns" il più serio dei film di Peckinpah. Aggiornamenti all'estetica moderna (colonna sonora rock, sparatorie alla John Woo con Colin Farrell che spara con due pistole), attori bellocci negli improbabili panni di personaggi storici e verosimiglianza storica sacrificata allo spettacolo. Quest'ultimo potrebbe anche essere un pregio, non si scegliesse sempre la via più stupida. In questo caso ad esempio è probabilmente l'unico film mai fatto ispirato alle gesta di Jesse James che finisce con un lieto fine che più lieto non si può. Nella sua ricercata vacuità inquieta un po' la glorificazione delle armi e di un qualunquismo ribellista che sfocia nel terrorismo. D'altra parte, più che guerriglieri o gangster, in questo film Jessie e la sua banda sembrano un gruppo rock, con tanto di rivalità interne legate alla fama dei singoli componenti e litigi sul nome da dare alla band(a).

Vale la pensa soffermarsi sulla demenzialità della trama. Dopo un prologo che ci mostra la Guerra di Secessione come scanzonata avventura tra amiconi, i fratelli James (Jesse/Colin Farrell il superuomo d'azione, Frank la mente e spalla ironica) se ne tornano con la loro allegra banda nel Missouri. Si tirano dietro anche il compare indiano, giusto per chiarire che pur essendo sudisti non badano al colore della pelle. A casa trovano però i cattivissimi nordisti, che espropriano i contadini a suon di bombe per far passare la ferrovia. A causa del suo orgoglio sudista ci resta secca pure mamma James (Kathy Bates). Jesse riforma quindi la banda e inizia una guerra personale contro la ferrovia. Le rapine sono scanzonate come commedie, le fughe rocambolesche e divertenti. La splendida vita del fuorilegge, insomma. Almeno fino a quando Pinkerton (Timothy Dalton) non riesce a far fuori uno della banda. Allora Jesse capisce che non è un gioco (le decine e decine di morti visti fino a quel punto evidentemente non contano), molla la carriera da brigante e va a sposarsi con una bella bionda (la meritevole Ali Larter). Ma quando Pinkerton lo arresta pure la dolce mogliettina diventa una guerrigliera, tanto da guidare il resto della banda all'assalto del treno su cui stavano portando via il marito. Non che ce ne fosse bisogno, il nostro Jessie nel frattempo si era già liberato da solo massacrando decine di soldati. E così Jesse e la sua bella possono vivere felici, contenti e armati fino ai denti.

Dicono di lui...

“Quando andavo all'università nel Giurassico, da matricole la nostra idea di divertimento era quella di chiamare tutte le persone nell'elenco telefonico che di nome facevano Frank James per dirgli "Pronto, Frank? Sono Jesse. Si cavalca stasera!" Non capivamo - dopo tutto non eravamo neanche al secondo anno - che dovevano aver ricevuto chiamate come quelle centinaia di volte, ma è così che ci passava mezzo trimestre ed è quello che contava. Non eravamo gli unici che si divertivano con i fratelli James. Altri hanno avuto la stessa idea e per giunta ci hanno fatto dei soldi, per di più facendo divertire un sacco di altra gente. In effetti la fama di Jessie James nella mitologia americana è tale che mi meraviglia che nessuno (che io sappia) abbia più affrontato il tema dai tempi in cui Walter Hill licenziò "I cavalieri dalle lunghe ombre", ventun anni fa [...] "Gli ultimi fuorilegge" è un film riuscito, nonostante il rimaneggiamento della leggenda dei James, perché evita di riscoprire l'acqua calda. Invece di frugare nello stesso materiale già sviscerato da Walter Hill nel film del 1980, Mayfield mantiene il film sui toni del buon umore.”
(Harvey Karten, “IMDb” 2001)

“È questo ciò che è diventato nel nuovo secolo un genere un tempo potente come il western? Non molto tempo fa western e musical erano i film più popolari, ora, all'alba del 21° secolo, sono completamente dimenticati, e nelle rare occasioni in cui cose come “American Outlaws” tentano di far risorgere il western vorremmo che gli autori lasciassero il genere a riposare in pace sulla collina degli stivali. Lo spettatore casuale etichetterà un film come questo come "pessimo”, e uscendo dalla sala sconsolato mediterà su come sia saggio che non vengano più fatti dei western. [...] Suppongo che il modo migliore di guardare questo film, se proprio ci si sente costretti a guardarlo a causa di una tendenza masochistica che non sappiamo controllare, è quello di considerarlo come una commedia, non come un western puro o un action avventuroso. Ci sono momenti in cui il film diverte - anche se per il 90% del tempo la farsa non è intenzionale. Invece l'umorismo premeditato è in larga parte troppo stupido per essere divertente."
(James Berardinelli, “Reelviews” 2001)


TEXAS RANGERS di Steve Miner
con James Van Der Beek, Ashton Kutcher, Rachael Leigh Cook, Dylan McDermott, Tom Skerritt, Alfred Molina

Altro disastroso tentativo di aggiornare il western al giovanilismo moderno. Se però almeno “Gli ultimi fuorilegge” ha una sua energica sfrontatezza, qui si scade nel solito equivoco per cui basterebbe mettere degli attori giovani per ringiovanire automaticamente la solita vecchia formula. Il risultato non può essere che un film nato vecchio, pieno di facce da schiaffi televisive che nulla hanno a che vedere con il genere, totalmente incapaci di essere credibili anche solo per un momento come personaggi dell'ottocento o anche solo di indossare un cappello da cowboy. Funzionano molto meglio invece gli attori più maturi usati come caratteristi, dai navigati Tom Skerritt e Alfred Molina, al raramente ben utilizzato Dylan McDermott. Il regista Steve Miner, veterano non certo rinomato dell'horror anni 80, dirige con anonima e impotente competenza, senza mai decidersi sul tono da dare al racconto, che pencola dal realismo da western revisionista dei costumi e della fotografia, ai toni da commedia urbana dei dialoghi, fino alle esagerazione da western all'italiana nella caratterizzazione dei cattivi. Insignificante.

Dicono di lui...

“Bella gente nella prateria - È un film accettabile, ma non un grande film. Non è "Tombstone" o "Il texano dagli occhi di ghiaccio”... ma le star hanno davvero un bell'aspetto. "Attraenti star televisive si uniscono ai Rangers del Texas per portare il diritto nel West”. Il cattivo è davvero cattivo, il buon e giovane idealista è davvero buono, e il cacciatore, il cinico mentore del giovane idealista buono, è un po' un misto. [...] Il motivo per cui credo di non aver valutato con più favore questo film sono gli elementi di correttezza politica, infiltrazioni estranee nel west del 1870: la giovane idealista che vuole sapere dal Ranger del Texas se ha raccolto testimonianze e ha un mandato di arresto prima di passare all'uso della forza, il ranger nero che fa lo spiritoso imitando l'Eddie Murphy di "Beverly Hills Cop" mentre viene trascinato in un campo di fuorilegge depravati... in quei momenti ho perso la mia "sospensione d'incredulità" e mi sono detto "nessuno in quella situazione avrebbe detto o agito così"... sono cose che distraggono. Benvenuti nel 2001.”
(commento di Dr. Mike, “IMDb”, 2 dicembre 2001)

“Se "Gli ultimi fuorilegge" non ha fatto nulla per aiutare il western a riaffermarsi, "Texas Rangers", rimasto in un cassetto per quasi due anni, è anche peggio. Dire­tto senza bussola da Steve Miner ("Halloween: H20"), il film è una ricostruzione frettolosa di vecchi cliché del West, con personaggi che sono sagome di cartone e in più qualche stella della televisione [...] Penosamente montato e privo di consequenzialità (risultato evidente di ritocchi in post-produzione), "Texas Rangers" non è un film che si possa definire totalmente imbarazzante, ma va molto vicino ad esserlo quando i personaggi sono costretti a recitare gli stupidi dialoghi. [...] Alla fine, quel che ci lascia un prodotto come "Texas Rangers", è un fluire di belle immagini, gentilmente concesse dal direttore della fotografia Daryn Okada.”
(Dustin Putman, “All-Reviews.com”, 2001)

Scusi, dov'è il west?



Le bianche tracce della vita (The Claim) di Michael Winterbottom con Peter Mullan, Wes Bentley, Milla Jovovich, Nastassja Kinski, Sarah Polley

Lo citiamo per la suggestiva e nevosa ambientazione nella California della febbre dell'oro, ma non ha nulla di western. Sulla carta spesso interessanti, i film dell'inglese Winterbottom si rivelano quasi sempre dei seriosi polpettoni senz'anima. Anche in questo caso il probabile tentativo di rifarsi ad un classico sull'avidità umana come “Greed” di Von Stroheim si risolve in un ovvio melodramma. Peccato per lo spreco del bel cast, soprattutto femminile. Tratto da un racconto di Thomas Hardy.

Tommaso Sega

Nessun commento:

Posta un commento